sulla punta
oggi è tornato Dicko. Ci ha raccontato di una
volta che gli hanno detto che era exotique. Stava parlando con una
ragazza francese e c’è stato un malinteso. Dicko diceva grammaire ma
l’altra capiva grandmère.
"Tu veux
dire quoi? Grand-mère?!"
"Grammaire!"
"Toi, t'es
exotique!"
"Ça veut
dire?"
"Tu arrives
pas à sortir les bons sons!"
La lingua è un organo sensibile alle origini e alle trame.
In Europa abbiamo imparato la distinzione gerarchica tra lingue locali e nazionali, le regole di egemonia tra lingue nazionali. Ci ritroviamo oggi a parlare l'italiano, il francese, lo spagnolo, l'inglese, le lingue delle colonizzazioni.
In velluto rosso scuro e pizzo rosa rappresentiamo tutti i linguaggi che non si traducono nella scrittura, i neologismi e modi di dire che nascono dall'incontro con le lingue che non conosciamo. Tutti questi suoni insieme fanno risuonare l'arcipelago.
Sull'isola QUI abbiamo cucito una bocca vulcanica con sette lingue tra il raso rosso e il pizzo giallo. Le isole postesotiche parlano più lingue che possono per raccontarsi in modo indipendente. Per umettarsi le labbra. Per leccarsi le ferite.
Le lingue succhiano, si sovrappongono, si dominano,
si sfidano. Le isole postesotiche non parlano sempre delle lingue comprensibili
ma si sforzano, si tirano l’una verso l’altra.
alba allo Shakirail
Ancora una volta bisogna avere davanti agli occhi lo spettacolo deplorevole di certe repubbliche dell’America latina. Con un colpo d’ala gli uomini d’affari degli Stati Uniti, i grossi banchieri, i tecnocrati sbarcano “ai tropici” e per otto dieci giorni sprofondano nella dolce depravazione offerta dalle loro “riserve”.
ResponderEliminarFrantz Fanon