aller retour
il metro saint-denis, ligne 13, è diventato una frontiera. intermittente, a
volte visibile, a volte invisibile. arbitraria.
mi era già capitato di vedere
la fermata in stato di semiassedio da parte di operatori della RATP o di
poliziotti, pronti a intrappolare chi sale dalle scale o chi ha
appena passato la tournelle del biglietto.
a volte mi sono sembrati addirittura
nascosti dietro le colonne.
oggi sono saliti sul treno.
è stata una scena feroce.
Basilique de Saint-Denis: si aprono le porte, sale un funzionario della RATP,
nero. Non fa niente, si guarda intorno, da fermo. Ho il tempo di pensare che sia
un controllore, non lo sia, che sia solo qualcuno che, finito il suo
turno, rientra da qualche parte. Intorno personne bouge. Poi, invece,
dice a tutti di prendere le titre de transport. Apro il portafogli,
prendo i dieci biglietti del carnet, glieli mostro tutti: non so quale sia quello
di oggi. Non mi fa problemi, procede. Immagino che debba fare questo lavoro, ma
evidentemente non vuole prendersela con nessuno. Accanto a me un tipo
addormentato, ubriaco o nonso, ripiegato su di sé, pare maghrebino. Una signora
bianca, forse maghrebina, sulla mezza età gli si avvicina. Lo guarda cercando
di capire se sta bene. Penso sia qualcuno che lo vuole aiutare, forse una del
quartiere, una conoscente. Dopo qualche istante, lo scuote e gli dice: on
dort pas ici. E mostra il suo distintivo al ragazzo con gli occhi ancora
chiusi. Era una poliziotta. Non potevo crederci. Vestita come mia madre.
Inizia
ad accanirsi contro il tipo mentre il suo collega inizia ad accanirsi contro
chi non ha il biglietto. E’ un’ escalation di violenza.Scoppia una rissa dall’altra parte del
vagone. Tutta l’attenzione si sposta da quella parte, compresi operatori e
poliziotta. La bagarre è tra un ragazzo nero e uno arabe. E’ tremendo vedere i
rappresentanti dell’ordine e i ragazzi che si bagarrent appartenere a delle minoranze, a
diaspore diverse.
Il ragazzo accanto a me intanto si è svegliato, alzato, è riuscito a
scappare.
bisogna prendere coscienza e dire che le isole, ancorate per ora al bâtiment B2,
sono appena al di là o appena al di qua di una frontiera.
al di là e al di qua della frontiera: la settimana scorsa per m. c’è stato il
carcere, per altri un poste de police, per altri un centro di identificazione ed
espulsione, per j. tantissime lacrime e rabbia, per a. è iniziato l'incubo, per me oggi questa visione e presa di
coscienza, e quasi per tutti al di qua e al di là di questa frontiera c'è l’istituzione universitaria, la lingua francese, i
libri, le discipline.
bibliothèque université Paris8
entrée université Paris8
5 maggio Valencia
5 maggio Valencia
il giorno dell'installazione dell'arcipelago alcune di noi erano a parigi al metro saint-denis université. altre erano a valencia a casa di kiarucci.
a calle cuba tutte in cerchio, dovevamo fare degli esercizi di voce.
inizia merucci, poi jimena, giulia, e quando tocca a me sento ale e aziz
che mi chiamano preoccupati.
hanno preso m...la polizia, non so dove
l'hanno portato. è stato un'incubo, non sapevo cosa fare.
senza tutto l'appoggio e l'amore non so come
avrei, avremmo fatto, a cercarlo in un posto dove solitamente portano i
tipi senza documenti, dove c'e' anche il cie, dove m. ha giá
passato piú di 20 giorni l'ultima volta che é stato preso.
siamo andati tutti, in 10, peró sembravamo un'esercito di 10.000
all' entrata c'è una sbarra con due sbirri, chiediamo, ma l'informazione non si puó dare: é sparito nel nulla, non esiste piú. siamo andati tutti, in 10, peró sembravamo un'esercito di 10.000
la notte l'ho passata con gli occhi aperti, non riuscivo né a dormire, né a piangere. pensavo che ci saremmo rivisti forse in senegal.il cellulare spento, baye si mobilita per cercare il numero del suo avvocato, l'unico che puó avere contatti con la "persona invisibile".inizio a fare telefonate al suo avvocato, ogni volta mi lascia piena di ansie e dubbi e non mi dá informazioni concrete.
l'ultima telefonata mi dice che é fuori. siamo troppo felici di vedere che sta bene, pare un miracolo che in sole 24 ore sia fuori
mi sembrava di aver perso un anno di vita.
andiamo tutte a cercarlo alla fermata dell'autobus e sorride.
c'e' polizia in ogni angolo del quartiere, e a volte penso che forse c'era anche prima ma non ci avevo fatto troppo caso, visto che posso camminare senza pensare di avere paura che mi fermino.
da
questo evento in poi, m. ha iniziato a usare vestiti baye fall
coloratissimi. mi ha sorpreso visto che prima sembrava avesse uno style
piú
occidentale, una maniera per passare piú inosservato.
forse
quando non hai piú niente da perdere é quello il momento in cui esci in
strada a rappresentare e a esprimerti.
on rentre dans le métro
contrôle policier
une femme policière d'origine africaine vient envers moi
contrôle total, j'avais rien sur moi, juste ma carte universitaire
quand même elle est restée là, une vingtaine de minutes, pour me checker partout. tous les flics étaient des blancs. ils rigolaient de nous. quand même. en plus.
et puis ils ont pris les papiers à m., il est citoyen français, mais black, des îles.
ils l'ont pris.
il faut qu'on trouve: c'est tout.
je suis trop énervée.pour avoir trop dit: qui perd trouve,
et après voir qu'il y a des gens des îles qui doivent : tout perdre, tout le temps.
ça me fait mal
sur mon visage, maintenant, il y a des larmes et du sel partout
je pleure et mon visage est comme une plage, face à la mer
j'ai que du sel partout
peut être que par rapport à la géographie des îles, il fallait penser aux larmes
tu vois, pourquoi la géographie des îles nous appartient-elle?
c'est de ça qui parlent nos archipels
les générations changent
et j'y retrouve toujours la même histoire.
la diaspora, toujours la même
l'économie, toujours la même
les papiers, toujours la même histoire de mes grands parents
il faut que ça arrête
je n'ai pas d'autres envies
il faut que ça arrête
je n'ai pas d'autres envies
il faut qu'on transforme tout
dans beaucoup de capitales européennes, comme à paris, qui sont les sièges du système capitaliste, il n'y a pas de sel.
donc, si les larmes nous renvoient au sel de la mer, pourquoi leurs géographies, leurs perceptions des choses, douces, devrait-elles nous appartenir ?
war ina babylon
paris, université paris8
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