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domingo, 8 de marzo de 2015

jueves, 28 de agosto de 2014

Un'intervista a ideadestroyingmuros sugli arcipelaghi postesotici


l'articolo dal manifesto clicca QUI

Le rotte cangianti di Ideadestroyingmuros per gli arcipelaghi resistenti
Femminismi. Un'intervista al gruppo di militanza poetica ideadestroyngmuros

ideadestroy­ing­mu­ros, col­let­tivo fem­mi­ni­sta, trans­cul­tu­rale e di mili­tanza poe­tica, mette al cen­tro della pro­pria rifles­sione l’elaborazione dei pro­cessi geo-politici attra­verso il pro­prio vis­suto. Nella scrit­tura uti­liz­zano sem­pre il carat­tere minu­scolo come «segno di un dive­nire mino­ri­ta­rio pos­si­bile che ini­zia dall’estetica della frase». dal 2005 inven­zione e dislo­ca­zione com­pon­gono così la cifra poli­tica scelta dal gruppo che vive in diversi paesi euro­pei e che crea pro­getti attra­verso fitte cor­ri­spon­denze e momenti di vita con­di­visa. L’ultimo è stato in occa­sione della mostra archi­pe­la­ghi in lotta — le isole poste­so­ti­che, accolta nel mag­gio scorso all’università di Paris8, che tut­ta­via risponde a una nar­ra­zione più ampia comin­ciata nel 2013 e che Rachele Bor­ghi si sta impe­gnando a ospi­tare in autunno nel luogo in cui inse­gna: la Sorbona.

voi scri­vete che «exo­ti­que (…) descrive un’economia e ci pro­ietta imme­dia­ta­mente nelle rela­zioni neo­ca­pi­ta­li­ste tra le mul­ti­na­zio­nali e i popoli». Come met­tete in scena le vostre isole post-esotiche e che cosa signi­fi­cano per voi?

sin dall’inizio ci era chiaro che l’esotico fosse una dimen­sione dell’immaginario e un genere di rap­pre­sen­ta­zione delle rela­zioni neo­co­lo­niali. ci inte­res­sava per­ché mostrava l’intreccio tra le poli­ti­che inter­na­zio­nali, le eco­no­mie, le migra­zioni, e le per­ce­zioni di sé e delle alte­rità.
pen­sare il poste­so­tico dell’arcipelago mira a ren­dere visi­bili i con­flitti, le resi­stenze e lo sfrut­ta­mento che inter­cor­rono tra capi­tali e isole, deco­struendo l’immagine sel­vag­gia incon­ta­mi­nata e sen­suale a cui ogni isola è ridotta. l’esotico man­tiene i mondi lon­tani e li con­nette gerar­chi­ca­mente, per­met­tendo all’occidente di cer­care un luogo altro dove imporsi, una cul­tura altra per assol­versi, una spiag­gia per dimen­ti­care la pro­pria sto­ria e il pro­prio quo­ti­diano. la dere­spon­sa­bi­liz­za­zione è con­sen­tita per­ché i mondi sono con­si­de­rati sepa­ra­bili. il turi­smo è un esem­pio lam­pante di que­sta poli­tica. cucire l’arcipelago è stato un modo per rap­pre­sen­tare imma­gi­nari ed eco­no­mie poste­so­ti­che. le isole hanno forme cor­po­ree e vege­tali, lin­gue meticce, cer­niere aperte per un’omertà rotta, boc­che vul­ca­ni­che. hanno gambe per par­tire, mani per dire al mondo capi­ta­li­sta che si fotta e autoim­ploda. le isole sono dei luo­ghi di resi­stenza e, quindi, di nascita. poste­so­tico è creare delle alter­na­tive ai cir­cuiti eco­no­mici capi­ta­li­sti.
creare le isole ha signi­fi­cato inven­tare forme soste­ni­bili di incon­tro, di scam­bio, di soprav­vi­venza.
per fare qual­che esem­pio, tutto il mate­riale usato è stato recu­pe­rato attra­verso canali di cir­co­la­zione gra­tuita di vestiti, abbiamo potuto con­tare sull’ospitalità e la gene­ro­sità di ami­che e amici, sull’accoglienza presso lo spa­zio arti­stico auto­ge­stito «sha­ki­rail». per noi il sog­getto povero è un’isola che s’intreccia ad altri soggetti-isole nella stessa con­di­zione per for­mare un arcipelago-moltitudine, per ribel­larsi al mec­ca­ni­smo di assor­bi­mento neo­ca­pi­ta­li­sta basato sulla rivin­cita: i poveri, i sog­getti oppressi ed eso­tici, con l’obiettivo di ripren­dersi tutto ciò che è stato loro tolto, svi­lup­pano delle rab­bie e delle ten­sioni di autoaf­fer­ma­zione che spesso il capi­ta­li­smo sfrutta e che fini­scono, dun­que, per con­fer­mare gli assetti di potere. le isole hanno il com­pito di rom­pere que­ste dina­mi­che, di assu­mersi la respon­sa­bi­lità della pro­du­zione delle rap­pre­sen­ta­zioni prima che siano assor­bite, di rige­ne­rare con­ti­nua­mente le stra­te­gie.
la frase chi perde trova — che è l’incrocio tra i pro­verbi chi cerca trova et qui perd gagne (qui perde vince) — riflette que­sta spinta di cam­bia­mento di para­digma: che tutte le per­sone la cui sto­ria è segnata da una per­dita tro­vino; che per­dere, per chiun­que, in ogni caso, è una pos­si­bi­lità: non di vin­cere ma di tro­vare. l’ arci­pe­lago sospeso e rea­liz­zato a Paris8 è imma­gi­na­rio ma ha preso esi­stenza a par­tire dalle nostre sto­rie di per­dita: da Lošinj, un’isola dell’arcipelago del Quar­nero, e dalla Sici­lia e i suoi arci­pe­la­ghi. due isole su cui ha vinto, in modi diversi, il capi­tale e in cui oggi ci ricol­lo­chiamo per creare una pro­spet­tiva cri­tica e geo­po­li­tica con­tro occidentale.

Come hanno rea­gito negli spazi uni­ver­si­tari al vostro ordito mate­riale, affet­tivo e disobbediente?

le isole hanno fatto irru­zione nell’università occu­pan­dola come una tem­pe­sta. quando abbiamo pro­po­sto l’esposizione la respon­sa­bile della sicu­rezza era in allerta. ci ha posto una serie di vin­coli, paven­tan­doci la pos­si­bi­lità di azioni van­da­li­che (scio­gli­mento dei nodi, incen­dio) che le isole avreb­bero potuto subire e per­sino il rischio che sospen­derle nella corte interna del terzo piano avrebbe rap­pre­sen­tato una inci­ta­zione al sui­ci­dio.
ogni tem­pe­sta diventa un evento da cui può nascere una tra­sfor­ma­zione solo se si è dispo­sti a viverla. vivere la tem­pe­sta è stata una pra­tica interna ed esterna al lavoro del col­let­tivo. quando abbiamo scritto «se gli arci­pe­la­ghi sono la geo­gra­fia di come siamo, oggi è il giorno della tem­pe­sta» era­vamo all’interno dell’atelier di cucito. la tem­pe­sta che ci ha tra­volte è stata una discus­sione in cui abbiamo cer­cato di chia­rire i modi in cui la rap­pre­sen­ta­zione delle isole potesse cor­ri­spon­dere alle nostre vite.

Che senso ha la tempesta?

la tem­pe­sta ha attra­ver­sato gli spazi dello squat per­ché l’università è un luogo che non la pre­vede, dal momento che non pre­vede la vita. l’università ha la fun­zione di assor­birla attra­verso la ricerca, men­tre la tem­pe­sta, dato che il mondo non è un’aula bianca, cam­bia il pae­sag­gio e tra­sforma le nostre vite in ciò che vor­remmo siano. l’università non rea­gi­sce, assi­mila e sfrutta, le isole si cal­mano, ascol­tano, accu­mu­lano la deter­mi­na­zione e la spar­gono altrove. inve­stendo l’università fran­cese e parigi abbiamo cer­cato di fare in modo che que­sto altrove coin­ci­desse con uno dei cen­tri che le rende subal­terne, dipen­denti e rico­no­scenti al/la capitale.

Punto cen­trale sia in que­sto pro­getto che nel vostro lavoro, è la ses­sua­lità. In che modo le isole ricor­dano la sessualità?

la nostra pro­spet­tiva riguardo la ses­sua­lità si situa in rela­zione al con­te­sto euro­peo bianco occi­den­tale.  in que­sto con­te­sto le donne e gli uomini si pos­sono con­si­de­rare sog­getti che godono di pri­vi­legi bian­chi maschili men­tre chi pro­viene da est e sud dell’unione euro­pea è sot­to­po­sto a varie forme di fem­mi­ni­liz­za­zione. creare il nostro essere donne, quindi, implica entrare in rela­zione con que­sti pro­cessi di fem­mi­ni­liz­za­zione, capire come ci attra­ver­sano.
creare nella pro­spet­tiva del poste­so­tico ha impli­cato ripen­sare le cor­ri­spon­denze tra l’esotico e l’erotico. don’t wanna be your ero­tic, dont’t wanna be your exo­tic scrisse S. Ham­mad, una poe­tessa di Broo­klyn figlia di rifu­giati pale­sti­nesi, con­tro le rap­pre­sen­ta­zioni orien­ta­li­ste e ses­sua­liz­zanti pro­dotte negli iues­sei sulle per­sone e sui luo­ghi che rap­pre­senta.
essere con­sa­pe­voli della dina­mica colo­niale che rico­no­sce la forza ses­suale per sot­to­met­terla e per trarne pro­fitto, emo­tivo o eco­no­mico, è un pas­sag­gio neces­sa­rio per l’indipendenza delle isole. eppure rischia di essere depo­ten­ziante se l’esito di que­sto pro­cesso di libe­ra­zione è la deses­sua­liz­za­zione. la visione poste­so­tica si pro­pone di rico­no­scere la forza ses­suale delle isole, di rap­pre­sen­tarla in modo non inno­cuo e potente.
se all’esotico cor­ri­sponde l’erotico, al poste­so­tico cor­ri­sponde l’amore. nelle nostre gior­nate ha signi­fi­cato entrare in crisi rispetto alle espe­rienze e per­ce­zioni dei nostri corpi in rela­zione ai corpi «neri» e ai corpi «bian­chi», vivere delle pra­ti­che di incon­tro, dei rap­porti d’amore com­plessi in cui abbiamo fatto irrom­pere il riscatto, la per­dita, il con­flitto geo­po­li­tico.
le trecce che con­net­tono le isole tra loro e alla bal­co­nata hanno la forza di rap­pre­sen­tare le ten­sioni tra i ter­ri­tori cor­po­rei e poli­tici: si anno­dano, si sfre­gano, si sosten­gono, uni­scono, rischiano di scio­gliersi, però resi­stono.
le ten­sioni fanno delle isole un arci­pe­lago in lotta.

miércoles, 21 de mayo de 2014

20 maggio -arcipelaghi postesotici

aller retour

il metro saint-denis, ligne 13, è diventato una frontiera. intermittente, a volte visibile, a volte invisibile. arbitraria.
mi era già capitato di vedere la fermata in stato di semiassedio da parte di operatori della RATP o di poliziotti, pronti a intrappolare chi sale dalle scale o chi ha appena passato la tournelle del biglietto.
a volte mi sono sembrati addirittura nascosti dietro le colonne.
oggi sono saliti sul treno.
è stata una scena feroce.
Basilique de Saint-Denis: si aprono le porte, sale un funzionario della RATP, nero. Non fa niente, si guarda intorno, da fermo. Ho il tempo di pensare che sia un controllore, non lo sia, che sia solo qualcuno che, finito il suo turno, rientra da qualche parte. Intorno personne bouge. Poi, invece, dice a tutti di prendere le titre de transport. Apro il portafogli, prendo i dieci biglietti del carnet, glieli mostro tutti: non so quale sia quello di oggi. Non mi fa problemi, procede. Immagino che debba fare questo lavoro, ma evidentemente non vuole prendersela con nessuno. Accanto a me un tipo addormentato, ubriaco o nonso, ripiegato su di sé, pare maghrebino. Una signora bianca, forse maghrebina, sulla mezza età gli si avvicina. Lo guarda cercando di capire se sta bene. Penso sia qualcuno che lo vuole aiutare, forse una del quartiere, una conoscente. Dopo qualche istante, lo scuote e gli dice: on dort pas ici. E mostra il suo distintivo al ragazzo con gli occhi ancora chiusi. Era una poliziotta. Non potevo crederci. Vestita come mia madre.
Inizia ad accanirsi contro il tipo mentre il suo collega inizia ad accanirsi contro chi non ha il biglietto. E’ un’ escalation di violenza.Scoppia una rissa dall’altra parte del vagone. Tutta l’attenzione si sposta da quella parte, compresi operatori e poliziotta. La bagarre è tra un ragazzo nero e uno arabe. E’ tremendo vedere i rappresentanti dell’ordine e i ragazzi che si bagarrent appartenere a delle minoranze, a diaspore diverse.
Il ragazzo accanto a me intanto si è svegliato, alzato, è riuscito a scappare.
bisogna prendere coscienza e dire che le isole, ancorate per ora al bâtiment B2, sono appena al di là o appena al di qua di una frontiera.  
al di là e al di qua della frontiera:  la settimana scorsa per m. c’è stato il carcere, per altri un poste de police, per altri un centro di identificazione ed espulsione, per j. tantissime lacrime e rabbia, per a. è iniziato l'incubo, per me oggi questa visione e presa di coscienza, e quasi per tutti al di qua e al di là di questa frontiera c'è l’istituzione universitaria, la lingua francese, i libri, le discipline.

                                                     bibliothèque université Paris8
                                                                entrée université Paris8

5 maggio Valencia

il giorno dell'installazione dell'arcipelago alcune di noi erano a parigi al metro saint-denis université. altre erano a valencia a casa di kiarucci.
a calle cuba tutte in cerchio, dovevamo fare degli esercizi di voce. inizia merucci, poi jimena, giulia, e quando tocca a me sento ale e aziz che mi chiamano preoccupati. 
hanno preso m...la polizia, non so dove l'hanno portato. è stato un'incubo, non sapevo cosa fare. 
senza tutto l'appoggio e l'amore non so come avrei, avremmo fatto, a cercarlo in un posto dove solitamente portano i tipi senza documenti, dove c'e' anche il cie, dove m. ha giá passato piú di 20 giorni l'ultima volta che é stato preso. 
siamo andati tutti, in 10, peró sembravamo un'esercito di 10.000
all' entrata c'è una sbarra con due sbirri, chiediamo, ma l'informazione non si puó dare: é sparito nel nulla, non esiste piú. 
la notte l'ho passata con gli occhi aperti, non riuscivo né a dormire, né a piangere. pensavo che ci saremmo rivisti forse in senegal.il cellulare spento, baye si mobilita per cercare il numero del suo avvocato, l'unico che puó avere contatti con la "persona invisibile".inizio a fare telefonate al suo avvocato, ogni volta mi lascia piena di ansie e dubbi e non mi dá informazioni concrete.
l'ultima telefonata mi dice che é fuori. siamo troppo felici di vedere che sta bene, pare un miracolo che in sole 24 ore sia fuori
mi sembrava di aver perso un anno di vita.
andiamo tutte a cercarlo alla fermata dell'autobus e sorride.

c'e' polizia in ogni angolo del quartiere, e a volte penso che forse c'era anche prima ma non ci avevo fatto troppo caso, visto che posso camminare senza pensare di avere paura che mi fermino.
da questo evento in poi, m. ha iniziato a usare vestiti baye fall coloratissimi. mi ha sorpreso visto che prima sembrava avesse uno style piú occidentale, una maniera per passare piú inosservato.
forse quando non hai piú niente da perdere é quello il momento in cui esci in strada a rappresentare e a esprimerti.



15 maggio, paris saint-denis université

on rentre dans le métro
contrôle policier
une femme policière d'origine africaine vient envers moi
contrôle total, j'avais rien sur moi, juste ma carte universitaire 
quand même elle est restée là, une vingtaine de minutes, pour me checker partout. tous les flics étaient des blancs. ils rigolaient de nous. quand même. en plus. 
et puis ils ont pris les papiers à m., il est citoyen français, mais black, des îles.
ils l'ont pris.
il faut qu'on trouve: c'est tout.

je suis trop énervée.pour avoir trop dit: qui perd trouve, 
et après voir qu'il y a des gens des îles qui doivent : tout perdre, tout le temps.
ça me fait mal 
sur mon visage, maintenant, il y a des larmes et du sel partout
je pleure et mon visage est comme une plage, face à la mer
j'ai que du sel partout
peut être que par rapport à la géographie des îles, il fallait penser aux larmes
tu vois, pourquoi la géographie des îles nous appartient-elle?
c'est de ça qui parlent nos archipels
les générations changent
et j'y retrouve toujours la même histoire.

la diaspora, toujours la même
l'économie, toujours la même
les papiers, toujours la même histoire de mes grands parents
il faut que ça arrête
je n'ai pas d'autres envies

il faut que ça arrête
je n'ai pas d'autres envies
il faut qu'on transforme tout
dans beaucoup de capitales européennes, comme à paris, qui sont les sièges du système capitaliste, il n'y a pas de sel.
donc, si les larmes nous renvoient au sel de la mer, pourquoi leurs géographies, leurs perceptions des choses, douces, devrait-elles nous appartenir ?

war ina babylon

                                                                                               paris, université paris8












miércoles, 14 de mayo de 2014

9 maggio - arcipelaghi postesotici

wati b, continue toujours, continua sempre, never give up

la mattina dell'installazione telefona morgan e ci svegliamo.
andiamo all'atelier, c'è la luce come in una serra e c'era la gatta, la gatta di mery, che dormiva sull'isola tutta piegata sul divanetto. queste isole sono rifugio. ormeggio. in questi giorni, dato che qui piove a dirotto, sembrano anche un miraggio.
l'installazione des iles è stata magica e pazza. significa che quando immagini qualunque cosa, la puoi realizzare. un sacco di persone sono arrivate ad aiutarci. poi i tessuti non bastavano, la macchina era da spostare, livia è andata a prendere 3 lenzuola matrimoniali da tagliare per fare le trecce che mancavano.
ce l'abbiamo fatta.
per ultima abbiamo installato l'isola con le dita che mandano a fanculo il mondo occidentale.
all'inizio ci avevano proposto di esporre le isole nella hall des expositions all'entrata dell'università, una vetrina istituzionale consacrata all'arte. quando ci siamo iscritte al centro studi di genere, cinque anni fa, in quello stesso spazio ci si fermava per la raccolta firme per sostenere gli studenti sans papier o per i logements sociaux.
abbiamo insistito perchè le isole occupassero lo spazio vuoto del batiment B2, perchè stessero proprio li' dove siamo passate noi, un miliardo di volte, per seguire i corsi, per chiedere informazioni sulla nostra iscrizione. e' uno spazio decadente e grigio, sicuro e sporco, come la france.
volevamo che le isole entrassero in dialogo con il contesto, proponendo degli altrove, immaginari e reali.
le isole vogliono dare coraggio a chi, rispetto alla francia colonizzatrice, viene da fuori - è "esotico" nel senso proprio della parola - e ha una storia che è stata sfruttata, cancellata, sottomessa dalla storia eurocentrica e capitale dell'occidente europeo.
il vernissage delle isole è tutte le volte che qualcuna/o le guarda e pensa, come noi, che chi perde trova.
la sera sono andata allo shakirail. ero ancora troppo stanca dall'installazione. inizia a diluviare, escono di nuovo due arcobaleni, e inizio a sistemare e a pulire, aghi a non finire, tessuti come se piovesse. nel cumulo di vestiti rimasti per terra in atelier ci ho trovato pure 2 preservativi. forse qualcuno veniva a scopare sulle isole. che idea.
alla fine ho avuto una sensazione magica, qualcosa tra il vuoto, la disperazione e la gioia. pulire, lasciare spazio a nuovi progetti, fare largo, reinventarsi le ore, i corpi, le telefonate.


martes, 6 de mayo de 2014

5 maggio 2014 - archipelaghi postesotici

installazione
 archipelaghi in lotta: isole postesotiche

bâtiment B2 a Paris 8 Saint-Denis
dal 5 al 28 maggio, Parigi


Le isole hanno preso corpo grazie alla presenza, alle mani, agli occhi, alle parole, al supporto materiale delle persone vicine, che le hanno raggiunte, incontrate, messe in discussione, amate. 

abbiamo cucito un arcipelago, la forma geografica delle nostre relazioni, una rappresentazione delle alternative di vita anticapitaliste nelle quali siamo impegnate.
Nella Storia e negli immaginari dominanti, le isole sono sconosciute, scoperte, deserte, selv
agge, incontaminate, paradisiache. Esotiche, rappresentano degli ideali di puro erotismo.
Nelle nostre biografie e nelle nostre fantasie le isole corrispondono a dei luoghi che hanno subito e subiscono delle forme di dominazione nazionale, economica e turistica. I processi culturali, politici e storici che attraversano le isole le trasformano in dei luoghi complessi da vivere. Diventano pesanti: dei luoghi da cui andare via e dove è difficile vivere, dove desideriamo tornare, luoghi da decolonizzare, sempre presenti nelle nostre autorappresentazioni e interpretazioni del reale.
In continua tensione con i capitali e le metropoli, siamo impegnate a ripoliticizzare il souvenir, i ricordi e la storia di ognuna di noi in opposizione a tutte le storie imperialiste cui non vogliamo appartenere.
Le tre isole che abbiamo cucito portano una parola che compone la frase: "chi perde trova", il messaggio che vogliamo trasmettere a paris, uno dei centri dell'europa occidentale, capitale della francia colonizzatrice, capitalista y explotadora.
L'arcipelago occupa lo spazio dell'univerità di Paris8. Ogni isola è connessa alle altre attraverso delle trecce che le percorrono il vuoto della sospensione come strade. La superficie delle isole è composta da forme corporee, geocorpi, corpi vegetali che traducono una visione postesotica delle isole, l'idea di un arcipelago in lotta.


***

un archipiélago, la forma geográfica de nuestras relaciones, que representan las alternativas de vidas anticapitalistas en las que estamos empeñadas.

En la historia de los imaginarios dominantes las islas son desconocidas, descubiertas, desiertas, salvajes,  incontaminadas, paradisiacas, exóticas y representan unos ideales de puro erotismo.

En nuestras biografías y en nuestros imaginarios, las islas corresponden a unos lugares que han sufrido y sufren formas de dominación nacional, económica y turística. Los procesos culturales, políticos y históricos que atraviesan las islas las transforman en unos lugares, para nosotras, complejos de vivir y de dejar**.

En continua tensión en contra del capital y de las metrópolis, queremos repolitizar el "souvenir", nuestros recuerdos y la historia de cada una de nosotras, en oposición a todas las historias imperialistas a las que no queremos pertenecer.

Las tres islas que estamos cosiendo llevan cada una de ellas una palabra que compone la frase: "qui perd trouve/quien pierde encuentra" y eso es el mensaje que queremos transmitir a París, uno de los centros de la europa occidental, capital de la Francia colonizadora, capitalista y explotadora.

El archipiélago irá ocupando el espacio de la universidad de Paris 8. Cada isla, de larga unos cuantos metros, será conectada a las demás a través de trenzas de tela. La superficie de las islas estará hecha por geocuerpos y cuerpos vegetales para traducir una visión post-exótica de las islas, la idea de un archipiélago en lucha.



Exposicion "Archipielagos en lucha: las islas postexoticas"

"Les îles postexotiques" es un proyecto trans nacional-sexual-lingüístico nacido desde la colaboración antropológica-artística y desde la correspondencia de imaginarios y sueños entre islas. Lugares creativos, húmedos y colectivos imaginados en el 2013 entre Valencia (España), Verona (Italia), París (Francia), Losinj (Croacia), Sicilia (Italia) haciendo alianzas y encuentros con personas que comparten la lucha y el proyecto.


***

Exposition "Archipels en lutte: les îles postexotiques"

Les îles postexotiques est un projet trans national-sexuel-linguistique, né d’une collaboration anthropologique-artistique et d’une correspondance d’imaginaires et de rêves entre des îles. Il s’agit d’archipels en lutte, de lieux créatifs, humides et collectifs qui ont été imaginés en 2013 entre Vérone (Italie), Valencia (Espagne), Paris (France), Losinj (Croacia), Sicilia (Italia) en créant des rencontres et des alliances avec qui partage la lutte et le projet. 

il sangue non ha deciso
di chi sono le isole
-o dove sono-
nè le guerre
nè la fatica per raggiungerle
e, poi, lasciarle

non dirci utopiche
le isole esistono
sospese 
sul vuoto e sul pieno
del mondo capitalista
che deve perdere.

sábado, 3 de mayo de 2014

2 maggio 2014- arcipelaghi postesotici

cordoni 

le isole non esisterebbero
se non ci fossero delle tensioni

intrecciando le strisce di stoffa
a volte è necessario aggiungere del tessuto
per allungarle

i nodi bisogna farli tutti esterni
che siano visibili
politici

tiriamo da una parte e dall’altra
per vedere se reggono
per metterci alla prova

conta che quello che ci connette
non si sciolga
conta più il mare che la terraferma
quello che c’è in mezzo

per questo le isole postesotiche
non stanno mai in pace:
perché non sono mai sole
e nasceranno ancora

pance meticcie
nere marroni rosa
militari e ghepardate

ieri da valencia è arrivata Julia
e ha cucito il primo cordone.

ci ha raccontato che secondo la cosmovisione indigena
i figli fanno parte di una comunità
la responsabilità non è solo del padre e della madre
 i bambini giocano e imparano intorno
e non hanno bisogno di ludoteche

dicko oggi ci ha detto che a dakar 
da piccoli si sta per strada 
non ci sono parcogiochi

“ in occidente per fare dei figli bisogna avere un conto in banca, una stabilità ”
“l’occidente vuole riprodursi solo per mantenere un ordine, conservare dei privilegi e potere”
“è tutta un’altra strategia, infatti, fare figli per sopravvivere, in nome di una resistenza."



mi filo, ti ago 


Le isole saranno sospese nella corte interna
del bâtiment B2 a Paris8 Saint-Denis
dal 5 al 28 maggio.