archipiélagos en lucha: las islas postexóticas
"en cualquier caso también en otros lugares, incluso en un espacio
expositivo tradicional, gracias a la práctica, a las formas y a los
lugares de realización, las islas constituyen una manera de vivir la
creación artística en conexión con una conciencia geopolítica, en contra
del avance de éste sistema de desarrollo. las islas quieren dar coraje a
los que, respecto a la francia colonizadora, vienen desde fuera - son
"exóticos" en el sentido propio de la palabra - y tienen una historia
que ha sido explotada, cancelada y sometida por la historia eurocéntrica
y capital de la europa occidental."
arcipelagos en lucha: las islas postexóticas ES from videoarmsidea on Vimeo.
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jueves, 16 de octubre de 2014
miércoles, 10 de septiembre de 2014
Archipels en lutte: les îles postexotiques
frammento di quello che verrá
archipels en lutte : les îles postexotiques from videoarmsidea on Vimeo.
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jueves, 28 de agosto de 2014
Un'intervista a ideadestroyingmuros sugli arcipelaghi postesotici
l'articolo dal manifesto clicca QUI
Le rotte cangianti di Ideadestroyingmuros per gli arcipelaghi resistenti
ideadestroyingmuros, collettivo femminista,
transculturale e di militanza poetica, mette al centro della
propria riflessione l’elaborazione dei processi geo-politici
attraverso il proprio vissuto. Nella scrittura utilizzano sempre
il carattere minuscolo come «segno di un divenire minoritario
possibile che inizia dall’estetica della frase». dal 2005 invenzione
e dislocazione compongono così la cifra politica scelta dal gruppo
che vive in diversi paesi europei e che crea progetti attraverso
fitte corrispondenze e momenti di vita condivisa. L’ultimo è stato
in occasione della mostra archipelaghi in lotta — le isole postesotiche, accolta
nel maggio scorso all’università di Paris8, che tuttavia risponde
a una narrazione più ampia cominciata nel 2013 e che Rachele Borghi
si sta impegnando a ospitare in autunno nel luogo in cui insegna: la
Sorbona.
voi scrivete che «exotique (…) descrive
un’economia e ci proietta immediatamente nelle relazioni
neocapitaliste tra le multinazionali e i popoli». Come mettete
in scena le vostre isole post-esotiche e che cosa significano
per voi?
sin dall’inizio ci era chiaro che l’esotico fosse una dimensione
dell’immaginario e un genere di rappresentazione delle relazioni
neocoloniali. ci interessava perché mostrava l’intreccio tra le
politiche internazionali, le economie, le migrazioni, e le
percezioni di sé e delle alterità.
pensare il postesotico dell’arcipelago mira a rendere visibili
i conflitti, le resistenze e lo sfruttamento che intercorrono tra
capitali e isole, decostruendo l’immagine selvaggia incontaminata
e sensuale a cui ogni isola è ridotta. l’esotico mantiene i mondi
lontani e li connette gerarchicamente, permettendo all’occidente
di cercare un luogo altro dove imporsi, una cultura altra
per assolversi, una spiaggia per dimenticare la propria storia
e il proprio quotidiano. la deresponsabilizzazione
è consentita perché i mondi sono considerati separabili. il
turismo è un esempio lampante di questa politica. cucire
l’arcipelago è stato un modo per rappresentare immaginari ed
economie postesotiche. le isole hanno forme corporee e vegetali,
lingue meticce, cerniere aperte per un’omertà rotta, bocche
vulcaniche. hanno gambe per partire, mani per dire al mondo
capitalista che si fotta e autoimploda. le isole sono dei luoghi di
resistenza e, quindi, di nascita. postesotico è creare delle
alternative ai circuiti economici capitalisti.
creare le isole ha significato inventare forme sostenibili di
incontro, di scambio, di sopravvivenza.
per fare qualche esempio,
tutto il materiale usato è stato recuperato attraverso canali di
circolazione gratuita di vestiti, abbiamo potuto contare
sull’ospitalità e la generosità di amiche e amici, sull’accoglienza
presso lo spazio artistico autogestito «shakirail». per noi il
soggetto povero è un’isola che s’intreccia ad altri soggetti-isole
nella stessa condizione per formare un arcipelago-moltitudine, per
ribellarsi al meccanismo di assorbimento neocapitalista
basato sulla rivincita: i poveri, i soggetti oppressi ed esotici, con
l’obiettivo di riprendersi tutto ciò che è stato loro tolto,
sviluppano delle rabbie e delle tensioni di autoaffermazione che spesso
il capitalismo sfrutta e che finiscono, dunque, per confermare
gli assetti di potere. le isole hanno il compito di rompere queste
dinamiche, di assumersi la responsabilità della produzione delle
rappresentazioni prima che siano assorbite, di rigenerare
continuamente le strategie.
la frase chi perde trova — che è l’incrocio tra i proverbi chi cerca trova et qui perd gagne
(qui perde vince) — riflette questa spinta di cambiamento di
paradigma: che tutte le persone la cui storia è segnata da una
perdita trovino; che perdere, per chiunque, in ogni caso, è una
possibilità: non di vincere ma di trovare. l’ arcipelago sospeso
e realizzato a Paris8 è immaginario ma ha preso esistenza
a partire dalle nostre storie di perdita: da Lošinj, un’isola
dell’arcipelago del Quarnero, e dalla Sicilia e i suoi arcipelaghi. due isole su cui ha vinto, in modi diversi, il capitale e in cui oggi
ci ricollochiamo per creare una prospettiva critica
e geopolitica contro occidentale.
Come hanno reagito negli spazi universitari al vostro ordito materiale, affettivo e disobbediente?
le isole hanno fatto irruzione nell’università occupandola come
una tempesta. quando abbiamo proposto l’esposizione la
responsabile della sicurezza era in allerta. ci ha posto una serie di
vincoli, paventandoci la possibilità di azioni vandaliche
(scioglimento dei nodi, incendio) che le isole avrebbero potuto
subire e persino il rischio che sospenderle nella corte interna del
terzo piano avrebbe rappresentato una incitazione al suicidio.
ogni tempesta diventa un evento da cui può nascere una
trasformazione solo se si è disposti a viverla. vivere la tempesta
è stata una pratica interna ed esterna al lavoro del collettivo. quando abbiamo scritto «se gli arcipelaghi sono la geografia di
come siamo, oggi è il giorno della tempesta» eravamo all’interno
dell’atelier di cucito. la tempesta che ci ha travolte è stata una
discussione in cui abbiamo cercato di chiarire i modi in cui la
rappresentazione delle isole potesse corrispondere alle nostre
vite.
Che senso ha la tempesta?
la tempesta ha attraversato gli spazi dello squat perché
l’università è un luogo che non la prevede, dal momento che non
prevede la vita. l’università ha la funzione di assorbirla
attraverso la ricerca, mentre la tempesta, dato che il mondo non
è un’aula bianca, cambia il paesaggio e trasforma le nostre vite in
ciò che vorremmo siano. l’università non reagisce, assimila
e sfrutta, le isole si calmano, ascoltano, accumulano la
determinazione e la spargono altrove. investendo l’università francese e parigi abbiamo cercato di fare in modo che questo altrove coincidesse con uno dei centri che le rende subalterne, dipendenti e riconoscenti al/la capitale.
Punto centrale sia in questo progetto che nel
vostro lavoro, è la sessualità. In che modo le isole ricordano la
sessualità?
la nostra prospettiva riguardo la sessualità si situa in
relazione al contesto europeo bianco occidentale. in questo
contesto le donne e gli uomini si possono considerare soggetti
che godono di privilegi bianchi maschili mentre chi proviene da est
e sud dell’unione europea è sottoposto a varie forme di
femminilizzazione. creare il nostro essere donne, quindi, implica
entrare in relazione con questi processi di femminilizzazione,
capire come ci attraversano.
creare nella prospettiva del postesotico ha implicato ripensare le corrispondenze tra l’esotico e l’erotico. don’t wanna be your erotic, dont’t wanna be your exotic scrisse
S. Hammad, una poetessa di Brooklyn figlia di rifugiati
palestinesi, contro le rappresentazioni orientaliste
e sessualizzanti prodotte negli iuessei sulle persone e sui luoghi che rappresenta.
essere consapevoli della dinamica coloniale che riconosce la
forza sessuale per sottometterla e per trarne profitto, emotivo
o economico, è un passaggio necessario per l’indipendenza delle
isole. eppure rischia di essere depotenziante se l’esito di questo
processo di liberazione è la desessualizzazione. la visione
postesotica si propone di riconoscere la forza sessuale delle
isole, di rappresentarla in modo non innocuo e potente.
se all’esotico corrisponde l’erotico, al postesotico corrisponde
l’amore. nelle nostre giornate ha significato entrare in crisi
rispetto alle esperienze e percezioni dei nostri corpi in relazione
ai corpi «neri» e ai corpi «bianchi», vivere delle pratiche di
incontro, dei rapporti d’amore complessi in cui abbiamo fatto
irrompere il riscatto, la perdita, il conflitto geopolitico.
le trecce che connettono le isole tra loro e alla balconata hanno la
forza di rappresentare le tensioni tra i territori corporei
e politici: si annodano, si sfregano, si sostengono, uniscono,
rischiano di sciogliersi, però resistono.
le tensioni fanno delle isole un arcipelago in lotta.
miércoles, 21 de mayo de 2014
20 maggio -arcipelaghi postesotici
aller retour
il metro saint-denis, ligne 13, è diventato una frontiera. intermittente, a
volte visibile, a volte invisibile. arbitraria.
mi era già capitato di vedere
la fermata in stato di semiassedio da parte di operatori della RATP o di
poliziotti, pronti a intrappolare chi sale dalle scale o chi ha
appena passato la tournelle del biglietto.
a volte mi sono sembrati addirittura
nascosti dietro le colonne.
oggi sono saliti sul treno.
è stata una scena feroce.
Basilique de Saint-Denis: si aprono le porte, sale un funzionario della RATP,
nero. Non fa niente, si guarda intorno, da fermo. Ho il tempo di pensare che sia
un controllore, non lo sia, che sia solo qualcuno che, finito il suo
turno, rientra da qualche parte. Intorno personne bouge. Poi, invece,
dice a tutti di prendere le titre de transport. Apro il portafogli,
prendo i dieci biglietti del carnet, glieli mostro tutti: non so quale sia quello
di oggi. Non mi fa problemi, procede. Immagino che debba fare questo lavoro, ma
evidentemente non vuole prendersela con nessuno. Accanto a me un tipo
addormentato, ubriaco o nonso, ripiegato su di sé, pare maghrebino. Una signora
bianca, forse maghrebina, sulla mezza età gli si avvicina. Lo guarda cercando
di capire se sta bene. Penso sia qualcuno che lo vuole aiutare, forse una del
quartiere, una conoscente. Dopo qualche istante, lo scuote e gli dice: on
dort pas ici. E mostra il suo distintivo al ragazzo con gli occhi ancora
chiusi. Era una poliziotta. Non potevo crederci. Vestita come mia madre.
Inizia
ad accanirsi contro il tipo mentre il suo collega inizia ad accanirsi contro
chi non ha il biglietto. E’ un’ escalation di violenza.Scoppia una rissa dall’altra parte del
vagone. Tutta l’attenzione si sposta da quella parte, compresi operatori e
poliziotta. La bagarre è tra un ragazzo nero e uno arabe. E’ tremendo vedere i
rappresentanti dell’ordine e i ragazzi che si bagarrent appartenere a delle minoranze, a
diaspore diverse.
Il ragazzo accanto a me intanto si è svegliato, alzato, è riuscito a
scappare.
bisogna prendere coscienza e dire che le isole, ancorate per ora al bâtiment B2,
sono appena al di là o appena al di qua di una frontiera.
al di là e al di qua della frontiera: la settimana scorsa per m. c’è stato il
carcere, per altri un poste de police, per altri un centro di identificazione ed
espulsione, per j. tantissime lacrime e rabbia, per a. è iniziato l'incubo, per me oggi questa visione e presa di
coscienza, e quasi per tutti al di qua e al di là di questa frontiera c'è l’istituzione universitaria, la lingua francese, i
libri, le discipline.
bibliothèque université Paris8
entrée université Paris8
5 maggio Valencia
5 maggio Valencia
il giorno dell'installazione dell'arcipelago alcune di noi erano a parigi al metro saint-denis université. altre erano a valencia a casa di kiarucci.
a calle cuba tutte in cerchio, dovevamo fare degli esercizi di voce.
inizia merucci, poi jimena, giulia, e quando tocca a me sento ale e aziz
che mi chiamano preoccupati.
hanno preso m...la polizia, non so dove
l'hanno portato. è stato un'incubo, non sapevo cosa fare.
senza tutto l'appoggio e l'amore non so come
avrei, avremmo fatto, a cercarlo in un posto dove solitamente portano i
tipi senza documenti, dove c'e' anche il cie, dove m. ha giá
passato piú di 20 giorni l'ultima volta che é stato preso.
siamo andati tutti, in 10, peró sembravamo un'esercito di 10.000
all' entrata c'è una sbarra con due sbirri, chiediamo, ma l'informazione non si puó dare: é sparito nel nulla, non esiste piú. siamo andati tutti, in 10, peró sembravamo un'esercito di 10.000
la notte l'ho passata con gli occhi aperti, non riuscivo né a dormire, né a piangere. pensavo che ci saremmo rivisti forse in senegal.il cellulare spento, baye si mobilita per cercare il numero del suo avvocato, l'unico che puó avere contatti con la "persona invisibile".inizio a fare telefonate al suo avvocato, ogni volta mi lascia piena di ansie e dubbi e non mi dá informazioni concrete.
l'ultima telefonata mi dice che é fuori. siamo troppo felici di vedere che sta bene, pare un miracolo che in sole 24 ore sia fuori
mi sembrava di aver perso un anno di vita.
andiamo tutte a cercarlo alla fermata dell'autobus e sorride.
c'e' polizia in ogni angolo del quartiere, e a volte penso che forse c'era anche prima ma non ci avevo fatto troppo caso, visto che posso camminare senza pensare di avere paura che mi fermino.
da
questo evento in poi, m. ha iniziato a usare vestiti baye fall
coloratissimi. mi ha sorpreso visto che prima sembrava avesse uno style
piú
occidentale, una maniera per passare piú inosservato.
forse
quando non hai piú niente da perdere é quello il momento in cui esci in
strada a rappresentare e a esprimerti.
on rentre dans le métro
contrôle policier
une femme policière d'origine africaine vient envers moi
contrôle total, j'avais rien sur moi, juste ma carte universitaire
quand même elle est restée là, une vingtaine de minutes, pour me checker partout. tous les flics étaient des blancs. ils rigolaient de nous. quand même. en plus.
et puis ils ont pris les papiers à m., il est citoyen français, mais black, des îles.
ils l'ont pris.
il faut qu'on trouve: c'est tout.
je suis trop énervée.pour avoir trop dit: qui perd trouve,
et après voir qu'il y a des gens des îles qui doivent : tout perdre, tout le temps.
ça me fait mal
sur mon visage, maintenant, il y a des larmes et du sel partout
je pleure et mon visage est comme une plage, face à la mer
j'ai que du sel partout
peut être que par rapport à la géographie des îles, il fallait penser aux larmes
tu vois, pourquoi la géographie des îles nous appartient-elle?
c'est de ça qui parlent nos archipels
les générations changent
et j'y retrouve toujours la même histoire.
la diaspora, toujours la même
l'économie, toujours la même
les papiers, toujours la même histoire de mes grands parents
il faut que ça arrête
je n'ai pas d'autres envies
il faut que ça arrête
je n'ai pas d'autres envies
il faut qu'on transforme tout
dans beaucoup de capitales européennes, comme à paris, qui sont les sièges du système capitaliste, il n'y a pas de sel.
donc, si les larmes nous renvoient au sel de la mer, pourquoi leurs géographies, leurs perceptions des choses, douces, devrait-elles nous appartenir ?
war ina babylon
paris, université paris8
miércoles, 14 de mayo de 2014
9 maggio - arcipelaghi postesotici
wati b, continue toujours, continua sempre, never give up
la mattina dell'installazione telefona morgan e ci
svegliamo.
andiamo all'atelier, c'è la luce come in
una serra e c'era la gatta, la gatta di mery, che dormiva sull'isola tutta piegata sul divanetto. queste isole sono rifugio. ormeggio. in questi giorni, dato che qui piove a dirotto, sembrano anche un miraggio.
l'installazione des iles è stata magica e pazza. significa che quando immagini qualunque cosa, la puoi realizzare. un sacco di persone sono arrivate ad aiutarci. poi i tessuti non
bastavano, la macchina era da spostare, livia è andata a prendere 3 lenzuola matrimoniali da
tagliare per fare le trecce che mancavano.
ce l'abbiamo fatta.
all'inizio ci avevano proposto di esporre le isole nella hall des expositions all'entrata dell'università, una vetrina istituzionale consacrata all'arte. quando ci siamo iscritte al centro studi di genere, cinque anni fa, in quello stesso spazio ci si fermava per la raccolta firme per sostenere gli studenti sans papier o per i logements sociaux.
abbiamo insistito perchè le isole occupassero lo spazio vuoto del batiment B2, perchè stessero proprio li' dove siamo passate noi, un miliardo di volte, per seguire i corsi, per chiedere informazioni sulla nostra iscrizione. e' uno spazio decadente e grigio, sicuro e sporco, come la france.
volevamo che le isole entrassero in dialogo con il contesto, proponendo degli altrove, immaginari e reali.
volevamo che le isole entrassero in dialogo con il contesto, proponendo degli altrove, immaginari e reali.
il vernissage delle isole è tutte le volte che qualcuna/o le guarda e pensa, come noi, che chi perde trova.
la sera sono andata allo shakirail. ero ancora troppo stanca
dall'installazione. inizia a diluviare, escono di nuovo due
arcobaleni, e inizio a sistemare e a pulire, aghi a non finire, tessuti
come se piovesse. nel cumulo di vestiti rimasti per terra in atelier ci ho trovato pure 2
preservativi. forse qualcuno veniva a scopare sulle isole. che idea.
alla fine ho avuto una
sensazione magica, qualcosa tra il vuoto, la disperazione e la gioia.
pulire, lasciare spazio a nuovi progetti, fare largo, reinventarsi le
ore, i corpi, le telefonate.
martes, 6 de mayo de 2014
5 maggio 2014 - archipelaghi postesotici
installazione
archipelaghi in lotta: isole postesotiche
archipelaghi in lotta: isole postesotiche
bâtiment B2 a Paris 8 Saint-Denis
dal 5 al 28 maggio, Parigi
Le isole hanno preso corpo grazie alla presenza, alle mani, agli occhi, alle parole, al supporto materiale delle persone vicine, che le hanno raggiunte, incontrate, messe in discussione, amate.
Le isole hanno preso corpo grazie alla presenza, alle mani, agli occhi, alle parole, al supporto materiale delle persone vicine, che le hanno raggiunte, incontrate, messe in discussione, amate.
abbiamo
cucito un arcipelago, la forma geografica delle nostre relazioni, una
rappresentazione delle alternative di vita anticapitaliste nelle quali siamo
impegnate.
Nella Storia e negli immaginari dominanti, le isole sono sconosciute, scoperte, deserte, selvagge, incontaminate, paradisiache. Esotiche, rappresentano degli ideali di puro erotismo.
Nelle nostre biografie e nelle nostre fantasie le isole corrispondono a dei luoghi che hanno subito e subiscono delle forme di dominazione nazionale, economica e turistica. I processi culturali, politici e storici che attraversano le isole le trasformano in dei luoghi complessi da vivere. Diventano pesanti: dei luoghi da cui andare via e dove è difficile vivere, dove desideriamo tornare, luoghi da decolonizzare, sempre presenti nelle nostre autorappresentazioni e interpretazioni del reale.
In continua tensione con i capitali e le metropoli, siamo impegnate a ripoliticizzare il souvenir, i ricordi e la storia di ognuna di noi in opposizione a tutte le storie imperialiste cui non vogliamo appartenere.
Le tre isole che abbiamo cucito portano una parola che compone la frase: "chi perde trova", il messaggio che vogliamo trasmettere a paris, uno dei centri dell'europa occidentale, capitale della francia colonizzatrice, capitalista y explotadora.
L'arcipelago occupa lo spazio dell'univerità di Paris8. Ogni isola è connessa alle altre attraverso delle trecce che le percorrono il vuoto della sospensione come strade. La superficie delle isole è composta da forme corporee, geocorpi, corpi vegetali che traducono una visione postesotica delle isole, l'idea di un arcipelago in lotta.
Nella Storia e negli immaginari dominanti, le isole sono sconosciute, scoperte, deserte, selvagge, incontaminate, paradisiache. Esotiche, rappresentano degli ideali di puro erotismo.
Nelle nostre biografie e nelle nostre fantasie le isole corrispondono a dei luoghi che hanno subito e subiscono delle forme di dominazione nazionale, economica e turistica. I processi culturali, politici e storici che attraversano le isole le trasformano in dei luoghi complessi da vivere. Diventano pesanti: dei luoghi da cui andare via e dove è difficile vivere, dove desideriamo tornare, luoghi da decolonizzare, sempre presenti nelle nostre autorappresentazioni e interpretazioni del reale.
In continua tensione con i capitali e le metropoli, siamo impegnate a ripoliticizzare il souvenir, i ricordi e la storia di ognuna di noi in opposizione a tutte le storie imperialiste cui non vogliamo appartenere.
Le tre isole che abbiamo cucito portano una parola che compone la frase: "chi perde trova", il messaggio che vogliamo trasmettere a paris, uno dei centri dell'europa occidentale, capitale della francia colonizzatrice, capitalista y explotadora.
L'arcipelago occupa lo spazio dell'univerità di Paris8. Ogni isola è connessa alle altre attraverso delle trecce che le percorrono il vuoto della sospensione come strade. La superficie delle isole è composta da forme corporee, geocorpi, corpi vegetali che traducono una visione postesotica delle isole, l'idea di un arcipelago in lotta.
***
un archipiélago, la forma geográfica de nuestras relaciones, que representan las alternativas de vidas anticapitalistas en las que estamos empeñadas.
En la historia de los imaginarios dominantes las islas son desconocidas, descubiertas, desiertas, salvajes, incontaminadas, paradisiacas, exóticas y representan unos ideales de puro erotismo.
En nuestras biografías y en nuestros imaginarios, las islas corresponden a unos lugares que han sufrido y sufren formas de dominación nacional, económica y turística. Los procesos culturales, políticos y históricos que atraviesan las islas las transforman en unos lugares, para nosotras, complejos de vivir y de dejar**.
En continua tensión en contra del capital y de las metrópolis, queremos repolitizar el "souvenir", nuestros recuerdos y la historia de cada una de nosotras, en oposición a todas las historias imperialistas a las que no queremos pertenecer.
Las tres islas que estamos cosiendo llevan cada una de ellas una palabra que compone la frase: "qui perd trouve/quien pierde encuentra" y eso es el mensaje que queremos transmitir a París, uno de los centros de la europa occidental, capital de la Francia colonizadora, capitalista y explotadora.
El archipiélago irá ocupando el espacio de la universidad de Paris 8. Cada isla, de larga unos cuantos metros, será conectada a las demás a través de trenzas de tela. La superficie de las islas estará hecha por geocuerpos y cuerpos vegetales para traducir una visión post-exótica de las islas, la idea de un archipiélago en lucha.
Exposicion "Archipielagos en lucha: las islas postexoticas"
Exposicion "Archipielagos en lucha: las islas postexoticas"
"Les îles postexotiques" es un proyecto trans nacional-sexual-lingüístic o
nacido desde la colaboración antropológica-artística y desde la
correspondencia de imaginarios y sueños entre islas. Lugares creativos,
húmedos y colectivos imaginados en el 2013 entre Valencia (España),
Verona (Italia), París (Francia), Losinj (Croacia), Sicilia (Italia)
haciendo alianzas y encuentros con personas que comparten la lucha y el
proyecto.
***
Les îles postexotiques est un projet trans national-sexuel-linguistiq ue, né d’une collaboration anthropologique-artistique et d’une correspondance d’imaginaires et de rêves entre des îles. Il s’agit d’archipels en lutte, de lieux créatifs, humides et collectifs qui ont été imaginés en 2013 entre Vérone (Italie), Valencia (Espagne), Paris (France), Losinj (Croacia), Sicilia (Italia) en créant des rencontres et des alliances avec qui partage la lutte et le projet.
il sangue non ha deciso
di chi sono le isole
-o dove sono-
nè le guerre
nè la fatica per raggiungerle
e, poi, lasciarle
non dirci utopiche
le isole esistono
sospese
sul vuoto e sul pieno
del mondo capitalista
che deve perdere.
sábado, 3 de mayo de 2014
2 maggio 2014- arcipelaghi postesotici
cordoni
le isole non
esisterebbero
se non ci fossero
delle tensioni
intrecciando le strisce di stoffa
a volte è
necessario aggiungere del tessuto
per allungarle
i nodi bisogna
farli tutti esterni
che siano visibili
politici
tiriamo da una
parte e dall’altra
per vedere se
reggono
per metterci alla
prova
conta che quello
che ci connette
non si sciolga
conta più il mare
che la terraferma
quello che c’è in
mezzo
per questo le isole
postesotiche
non stanno mai in
pace:
perché non sono mai
sole
e nasceranno ancora
pance meticcie
nere marroni rosa
militari e
ghepardate
ieri da valencia è
arrivata Julia
e ha cucito il
primo cordone.
ci ha raccontato che secondo la cosmovisione indigena
i figli fanno parte di una comunità
la responsabilità non è solo del padre e della madre
la responsabilità non è solo del padre e della madre
i bambini giocano e imparano intorno
e non hanno bisogno di ludoteche
dicko oggi ci ha detto che a dakar
da piccoli si sta per strada
non ci sono parcogiochi
“ in occidente per fare dei figli bisogna avere un conto in banca, una stabilità ”
“l’occidente vuole riprodursi solo per
mantenere un ordine, conservare dei privilegi e potere”
“è tutta un’altra strategia, infatti, fare figli per sopravvivere, in
nome di una resistenza."
mi filo, ti ago
Le isole saranno sospese nella corte interna
del bâtiment B2 a Paris8 Saint-Denis
dal 5 al 28 maggio.
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