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sábado, 19 de abril de 2014

18 aprile 2014 - arcipelaghi postesotici

prove di arcipelago

oggi dovevamo passare al blu e al verde del mare, invece siamo rimaste nel rosso.
I fondi delle isole si sono allargati come se fossero liquidi sul pavimento dell’atelier. Come il sangue nell’acqua. Nelle nostre storie ci sono dei corpi nel mare, dispersi, oltremare. Esodati, internati, minacciati, ammazzati, emigrati. C’è un deposito di violenza alla base, di ogni grado e di tutte le sfumature.
Abbiamo una familiarità con il rosso.
Cuciamo quello che ci scorre nelle vene. Tutti i tagli che abbiamo fatto hanno creato legami diversi da quelli di sangue.
Cerchiamo di ricreare una forma di vita collettiva e pubblica.
Questo significa fare prove di arcipelago.  
kiaru dice che mettere in avanti la diversità di ognuna non basta.
+ INFO iles-postexotiques

viernes, 18 de abril de 2014

17 aprile 2014 - arcipelaghi postesotici

La pelle è un tessuto

Neanche oggi sembra di essere a Parigi. Sembra estate nel patio di fronte decine di binari paralleli su cui i treni passano lentamente, il tavolo sullo sterrato, i gatti, un filo di lampadine sospeso. 
Le isole saranno leggere. Di pomeriggio siamo tornate a casa portando dieci chili di ovatta con cui riempiremo l’involucro di stoffa delle isole. Renderemo morbidi i nostri ricordi duri (http://lara-bia.tumblr.com/arms). 
Le isole saranno sospese nella corte interna del terzo piano del Bâtiment B a Paris8, un’università di banlieue.
Le isole saranno dei focolai di riscatto anche se l’università ci ha imposto, per norma, di tutelarle dalle tentazioni incendiarie di chiunque. Non esistono luoghi liberi di esposizione.
Nella sala internet dello Shakirail c’è una mappa dell’Australia e i lampadari sembrano arnie di api. Non sembra Parigi, ma, dice Perla, non sembra neanche nessun altro posto. 
Tocco la spalla di Anton perché si faccia un poco più in là. Mentre mi incastro tra la sua spalla e il suo fianco, penso al modo in cui abbiamo disposto i tessuti per comporre i fondi rossi. I nostri letti sono come delle isole. Ieri sera Lara ge mi diceva che la superficie delle isole dovrebbe essere fatta da corpi allungati, vicini, dovrebbe essere corporea. Chiudendo gli occhi per addormentarmi, ho avuto la visione di un paio di forbici che tagliava la mia pelle tesa. La pelle è un tessuto. La superficie delle isole sarà composta da tessuti dei colori delle pelli. 
+ INFO: iles-postexotiques
shakirail, paris.

jueves, 17 de abril de 2014

16 aprile 2014 - arcipelaghi post esotici

Il fondo rosso delle isole e le basi materiali delle nostre vite

Aprendo con le forbici i vestiti di seconda mano abbiamo tagliato la polvere, le macchie di sporco e di grasso, gli aloni di sudore, le chiazze giallastre e di vernice. Volevamo buttarli via, toglierceli da sotto il naso, non usarli per le isole. A Vesna facevano un certo senso di schifo.
“Ma quest’ascella la dobbiamo usare? Puzza da morire!”
“Pensa se era il sudore di qualcuno che aveva appena finito di scopare!”
Altri tessuti volevamo salvarli a tutti i costi. Sottovesti e vestaglie di seta rossa appena usate, maglie stilose, eleganti, utili e soprattutto calde. Visto che qui fa ancora troppo freddo.
Alla fine abbiamo deciso di usare tutto.
Abbiamo disposto i pezzi di tessuto seguendo le forme, le scollature, le maniche, i colli, i cavalli, le etichette semisbiadite e i bottoni: made in turkey, h&m, zara, petit bateau, made in china, made in bangladesh, superwax holland.
Non avevamo un modello di isola da copiare e realizzare. Le isole devono essere immaginarie, devono avere la forma dei nostri sogni. L’unico criterio della composizione era il colore: il rosso e le sue sfumature. Ammessi, anzi preferiti, tutti i tessuti con scritte, ricami e fantasie: è importante che si veda che sono vestiti.
Guardando il fondo della prima isola, ci siamo rese conto che abbiamo disposto le stoffe in un modo molto regolare, mantenendo le linee e gli angoli retti. Quella divisione territoriale così netta non era un’immagine nuova. Artefatta come la cartina geografica disegnata in Africa dal colonialismo europeo.
“Le isole hanno le coste frastagliate”

Quando arriviamo oggi allo Shakirail, il grande tavolo fuori è al sole, si festeggia l’anniversaire di Marie, le galline sono in giro, tutti pranzano insieme. A tratti non riusciamo a credere di essere a Parigi, al centro di una metropoli. Una collettività organizzata, che condivide spazi di vita, creazione, musica, rappresentazione e cibo. Sono lì da tre anni in convenzione con la SNCF, l’ente che gestisce le ferrovie (http://shakirail.blogspot.fr/). Per essere un luogo di autogestione precario, continuiamo a ripetere che è un esempio di organizzazione sostenibile e vivibile rispetto all’economia parigina – dove l’affitto di 34 mq costa 880 euro più spese- come non ne avevamo ancora visti in giro per l’europa.
“Lo Shakirail mi pare un’eccezione, perché gli spazi autogestiti che ho vissuto erano dei luoghi trascurati”
“Vorrei sapere in che modo il genere influisce nella organizzazione e nel mantenimento di questo spazio”.
“Non è questione di trasandato o meno, il fatto è che qui ci passa un sacco di gente, sono luoghi aperti. E’ normale che non ci sia l’ordine, l’estetica e la gestione di una casa privata”
“E noi come ci vogliamo organizzare? ”
Sperimentare forme di vite ed economie condivise è il nostro engagement di ogni giorno. E’ bello provarci soprattutto oggi, perché ci hanno raggiunte anche Anton e Perla. Mancavano solo loro.
Il fondo rosso delle isole è pronto.
+ INFO: iles-postexotiques

shakirail, paris 
(antes la duda tu la viuda
pero siempre con tu animal guida)



martes, 15 de abril de 2014

15 aprile 2014 - archipelaghi postesotici

attraversiamo il ponte di Rue Riquet che collega il XVIII con il XIX arrondissement, come abbiamo fatto infinite volte. Lo Shakirail è dietro una delle ultime porte dalla parte del XVIII. Il y a quelque chose qui se passe ici. Ci soprende enormemente, aprendola, trovare lo Shakirail. Qui, (non) c’eravamo (mai) abituate al privato come unico spazio di socialità e resistenza, tra il 2008 e il 2010, in piena era Sarkozy. Verso il canal de l’Ourq ci diciamo che la mixité della popolazione di un luogo è un segno evidente della forza che ha ed ha avuto l’impero. Il multiculturalismo, insieme a tante delle sue retoriche, sono conseguenze del colonialismo e del capitalismo allo stato attuale. Chi ha (de)portato noi e tutte queste persone per queste strade? Cosa ci facciamo per queste strade? Ad ogni passo vediamo il potere seducente, attrattivo, eccitante della capitale. La capitale fa gola, crea delle voglie superflue, reali, alimenta delle illusioni.  
Ci ritroviamo qui, di nuovo, dopo tre anni e mezzo. Siamo felici di essere insieme. Tutto torna, in bene e in male. E in questo caso in bene.

Passiamo al free shop dello Stendhal, lo squat che sta per essere sgomberato. C’è un’atmosfera di smantellamento, già di nostalgia per un’esperienza sospesa, interrotta e il progetto una nuova occupazione. Al free shop recuperiamo camicie, magliette, gonne rosse per il fondo delle isole,  blu e verdi per i mari, ma nessun dorato ancora per cucire la frase: qui perd trouve. Si vede che tutto l’oro, in francia, lo tengono in banca.

http://blogefeg40ans.wordpress.com/exposition-iles-postexotiques/

shakirail, paris

14 aprile 2014 - arcipelaghi postesotici

arriviamo a rue des poissonniers chez Annarita. vediamo che l’exotique è dappertutto nel quartiere, è anche altro da quello che pensavamo. Non è solo una dimensione dell’immaginario e un genere di rappresentazione. Produits exotiques, produits orientaux, cibo, poissons e cosmetici. Partire da quello che vediamo intorno a noi. Eden shop, Haiti exotique, Exo Sympa, Exotique Merveilles d’Afrique Specialités africaines, Alimentation afro-exotique, Elegance exotique, le Pays où coulent le lait e le miel.
Esotico e orientale sono due categorie del commercio che definiscono la circolazione di oggetti, ricordi e sapori. Esotico è tutto quello che proviene dai territori tra il tropico del capricorno e il tropico del cancro. Exo: fuori, exotique: tutto quello che viene da altrove. Fino a che incontriamo un commerciante turco e il suo negozio. Exotique: bananes planta, manioc, gombo, poissons congelés, riz parfumé, gingembre, mango, nestlè nido, thé africain.  Exotique non è quello che nasce e cresce in uno specifico spazio geografico o naturale, e che altrove non può quindi esistere. Descrive invece un’economia e ci proietta immediatamente nelle relazioni neocapitaliste tra le multinazionali e i popoli. Nestlè Nido rientra tra i produits exotiques, come il dado Maggi : nos saveurs ont des racines.
+ INFO: iles-postexotiques

shakirail, paris

12 aprile 2014 - archipelaghi postesotici

io e salomé siamo sul binario 6 aspettando il treno EN 220 Venezia-Paris Gare de Lyon. Ci abbracciamo e baciamo. Un tipo nero ci viene incontro e mi guarda sorridendo. Non si capisce se sta ammiccando o che. Da vicino ci dice qualcosa: il papa non sarebbe d’accordo. E io penso: i nostri padri! E lui: no no il Papa. Io sono musulmano, ma il Papa non approva che voi che siete le stesse…uomo e donna, bambini, famiglia, provate siete ancora giovani. Ce lo dice sorridendo e io salgo sul treno riflettendo sull’enigma: sarà meglio qualcuno che si ferma a parlare con noi, anche invitandoci alla conversione, oppure quelli che non ti parlano neanche e poi hai paura che ti picchino? Il viaggio fino a Milano è stato tranquillo. Poi salgono due donne nere, congolesi, una ha le ciglia cosi lunghe che non posso che guardarle continuamente mentre mi parla. Hanno più o meno 4 enormi valigie a testa, elles font du commerce de Naples vers l’Afrique. Il viaggio verso l’arcipelago postesotico è postesotico. Tre donne nere e tre donne bianche, le bianche sotto nei posti più scomodi, le nere su in quelli più ampi. C’è anche un bambina nel nostro vagone, clandestina.
La povertà mi fa paura, i cattivi odori. Il treno è una pratica disorientante di intimità con le sconosciute, con i loro piedi, le scarpe, gli aliti, una pratica di intimità con il mondo. 
+ INFO: iles-postexotiques

lunes, 16 de julio de 2012

Maya Pedal Asociación

In 1997, in San Andrés Itzapa in Guatemala, Maya Pedal Association began recycling scraps of bicycles into Bicimáquinas.

Bicimáquinas are pedal-powered blenders, washing machines and threshing machines, eliminating the need for fuel and electricity. Pumps are also possible, and are capable of extracting 30 liters of water per minute from 30-meter deep wells (electronic pumps reach just to 12 meters).

The idea of these ingenious contraptions emerged from the desire to help the farming families of the San Andrés community. The issue that gave rise to Maya Pedal was the expense and shortage of electricity and fuel in the village.

Carlos and Cesar, creators of Maya Pedal, have achieved an extraordinary result: a worthy project that does not pollute and is extremely fascinating in its involvement of volunteers from around the world who are building a fantastic pedal revolution.