durante il periodo coloniale, quando i francesi chiesero alle
popolazioni locali come si chiama il vostro territorio, loro dissero “sunu
gaal”, che in wolof significa: le nostre piroghe. il nome del senegal deriva
dalla deformazione di questa espressione.
sulle fiancate delle barche spesso vengono scritti dei nomi o delle
frasi di protezione. noi pensavamo di scrivere su un lato della piroga “sunu
gaal” perché ci aiutasse a fare conoscere la storia di questo nome e di questo
paese.
mamadou ci dice che bisogna aggiungere “de la teranga”,
che significa
in wolof “dell’ospitalità”, uno dei valori essenziali della cultura
senegalese,
forse perché è proprio quello che manca nel posto dove sono arrivati.
mamadou è un ragazzo senegalese che vive insieme a mansour, babacar,
arouna
e antoine in un centro per migranti che si trova vicino al paratodos, il laboratorio autogestito dove abbiamo cucito insieme
la piroga.
“wa keur serigne touba” significa in wolof “veniamo dalla casa di
serigne touba” guida religiosa musulmana fondatore del muridismo, affinchè protegga la piroga.
la realizzazione della piroga è la trasformazione di un viaggio
drammatico che ha delle drammatiche motivazioni, una di queste la pesca massiva
nelle acque senegalesi da parte dei pescherecci stranieri. ne abbiamo parlato a
valencia con i baye fall con cui viviamo, mentre cucivamo al paratodos abbiamo letto in un articolo
che un peschereccio europeo pesca in un giorno tanto pesce quanto 56 piroghe in
un anno.
mamadou tra le frasi che abbiamo trovato decide questa: “i pescherecci
europei sono autorizzati a depredare il nostro mare”. mentre cuciamo mansour ci racconta: in libia, prima di salire sulla
barca, sono stato 3 giorni senza mangiare, perché tutti dovevamo essere più
leggeri. mamadou ci dice: la barca con cui sono arrivato io era lunga 7 metri,
eravamo 127 persone e siamo rimasti 2 giorni in acque internazionali.
le piroghe sono fatte di legno, questa è morbida e fatta di vestiti da
donna di seconda mano. le radici nel mare servono a sostenerla ai lati, il suo fondo
è pieno d’acqua, l’ultimo giorno ci siamo accorti che mancava il timone. mentre
tagliamo i vestiti, dentro ad un paio di pantaloni, troviamo un’etichetta con
su scritto “non riesco ad orientarmi sono troppo occidentale” che poi abbiamo
ricucito nel rosso sangue del mare.
ringraziamo la onlus yermandem e i lions per il sostegno economico e
per pensare insieme il futuro della piroga, lo spazio autogestito paratodos, i due giorgio, lessen,
alberto, i falegnami resistenti, per lo spazio che ci hanno concesso e per come
ci hanno accolto e aiutato; teresa e sow, sherifo per averci offerto la sua
professionalità; i ragazzi gambiani e senegalesi da poco arrivati a verona; rachele,
arianna, grazia, graziella, paola, antonella, antonio, matilde, rosanna, mariateresa
e sara, warmi, rosa e odette, per averci accompagnato durante la realizzazione,
tutte le persone che si sono impegnate per la raccolta dei vestiti e tutti i
nomi che stiamo dimenticando. dicko per sostenerci e aiutarci costantemente,
baye e tutti i baye fall che ci sono vicini durante la vita.
tutti entusiasti di non essere arrivati troppo tardi.
ma ci eravamo chiusi dentro.
stiamo per scavalcare
e stava anche per scattare l'allarme
siamo usciti con diciotto cuscinoni di ovatta
dodici nel bagagliaio
sei tra sara e lessen come un mare di nuvole
quando li portiamo al paratodos
milka, saadia, guiomar iniziano a riempire le radici
mamadou non ha dubbi
i pescherecci europei sono autorizzati a depredare il nostro mare
da quando sono arrivate le flotte europee, c'è molto meno pesce
tagliamo tutte le lettere
dicko ha imparato a cucire a macchina
fino alle due di notte
restiamo con rachele, paola e arianna a cucire le lettere
ci raccontano che a pastrengo molti genitori stanno ritirando le iscrizioni al centro estivo
perché li' nell'edificio accanto apriranno uno spazio di accoglienza per rifugiati
cosa si puo' fare?
molte persone non hanno avuto la fortuna di conoscere degli stranieri
come possono abbattere le loro paure...
le associazioni per i profughi spesso diventano delle prigioni
i progetti dell'intercultura e dell'integrazione finiscono sempre
ma i giovani possono cambiare le cose,
il modo migliore è condividere la vita
fare conoscere i tuoi amici stranieri ai tuoi amici italiani
e poi agli amici dei tuoi amici
e cosi' poco a poco tutto cambia
il paratodos è un luogo che crea relazioni e possibilità reali
ci vanno ragazzi di origine senegalese, gambiana, guineana, marocchina
è uno spazio che mette insieme nel quotidiano la formazione, laboratori e produzioni creative
vanno oltre al fatto che sei straniero
non c'è una barriera
che di solito c'è,
un'aria di armonia,
c'è una cucina
accanto c'è una falegnameria
oggi i falegnami ci hanno portato le sedie senza spalliere
e hanno tagliato su misura le gambe e le sedute
abbiamo cucito la parte interna e la parte esterna della piroga
a reggerlo sembrava troppo pesante
non sappiamo se l'ovatta sostiene tutto
mamadou ci racconta le tappe dal senegal fino a verona
in senegal, nella regione dove abita, c'è una impresa francese che controlla il commercio del sale
e non c'è lavoro da quando è arrivato in italia è diventato un rifugiato
le persone non gli parlano o gli parlano male
siamo insieme al laboratorio di cucito al paratodos
tutto quello che puo' passare sotto la macchina da cucire
l'ho fatto passare
confezioni, tende, vestiti
mi mancava la barca!
graziella si è messa alla macchina in un contesto completamente diverso
dalle situazioni in cui ha lavorato tutta la vita in provincia senza mai spostarsi ha unito gli ultimi due grandi pezzi di mare profondo e il suo saper fare ci ha permesso di andare avanti
è tornato stone
paola è la terza sarta che viene ad aiutarci ha iniziato a passare a macchina il celeste, il blu, l'azzurro e il verde
oggi abbiamo fatto arcipelago
sunu gaal significa la nostra barca
è il nome del paese di cui i francesi hanno deformato il nome chiamandolo senegal
wa keur serigne touba
les membres de la maison de Serigne Touba
tagliamo le lettere in bianco e nero da cucire dentro e fuori la piroga
dicko ha cucinato maffe per tutti.
erano sette mesi che mamadou, zallou e babacar non lo mangiavano.
la giornata era grigia e noi siamo andate a smistare colori
il paratodos si trova in una traversa di corso venezia, anonimo e pieno di macchine.
odore di pizza, le chitarre appese al muro e decine di sacchi di vestiti usati ci aspettano dentro.
conosciamo questo spazio da quando dicko è andato a frequentare il corso per diventare pizzaiolo,
e giorgio, zineb, lessen, hamza, alberto hanno accolto la proposta di cucire la piroga li’.
rovistare nei sacchi di plastica fa l'odore di aprire vecchi bauli.
respiriamo polvere mista a una marea di case e storie.
troviamo
sottovesti di raso ricamate, tovaglioli, calze sagomate anni 50,
gonnelloni anni 70, tute da sci anni 80, vestiti da carnevale.
ridiamo. ci proviamo le cose strane.
ci sono cose strappate, cose macchiate, cose bruciate.
da una parte mettiamo i blu, celeste e verde per il mare
rosso e rosa per il fondo di ogni viaggio
marrone per le radici e
tutte le fantasie per la piroga.
iniziamo a montare di mattina. a poche ore dall'inaugurazione le meduse sono per terra, la casa non ha la porta, la rondine non ha pancia. siamo in alto mare. un chiodo dopo l'altro perché le tavole botaniche stiano in equilibrio. cuando che te le vede le robe no l'è come spiegarle te le fa a spiegarle somee che sia complicae invis co te vist no l'e complicat recuperare memorie. tutti i materiali per la mostra sono stati recuperati. hanno avuto delle storie prima di noi.
andare per strada guardando con attenzione le cose lasciate agli angoli, trovare sempre cassetti, raccogliere i centrini tra parenti e amiche. disfare le maglie di vecchi maglioni delle persone intorno sfoderare materassi delle nonne lasciati in soffitta strappare i giornali: la maniera migliore di usarli negli anni del berlusconismo
la radice del giardino ora sta sospesa in via santa felicita mentre i tentacoli delle meduse si radicano come se fossero in acqua
trasformare i pizzi come quelli che faceva mia nonna mia nonna che non ha mai visto il mare, io che non ho mai visto mia nonna
riciclare e’ una necessita e una pratica di vita dare nuova vita alle storie non viene da una nostalgia fare dei nodi tra il passato e il presente ci serve per avvicinare storie di migrazioni e di esodi per riassemblare pezzi di vita in sequenze che raccontano il nostro quotidiano per creare economie condivise.
grazie al mare di amici che sono arrivati, tantissimi… radici nel mare, di ideadestroyingmuros la mostra resta aperta dalle 17 alle 20 tutti i giorni. contatto per visite e vendite: 320 7963270/ 335 389314
il circolo della rosa accoglie un arcipelago di storie, intreccia pratiche genealogiche femministe e immerge le radici nel mare.
inaugurazione ore 18
dal 29 aprile al 22 maggio
circolo della rosa, via s. felicita 13, verona
ideadestroyingmuros è un collettivo femminista che dal 2005 si dedica
alla creazione artistica comunitaria ed è oggi attivo tra la Spagna e
l'Italia.
La sua produzione è orientata allo sviluppo di pratiche
genealogiche nate in situazione di diaspora e di pratiche legate alle
identità territoriali, specialmente in relazione critica alla
costruzione del contesto europeo.
Era da dodici anni che non andavo ad un matrimonio. Pochi amici che c( r )edono al grande passo. Questo, era nella premessa, non sarebbe stato proprio uno di quelli classici. E non solo per quello che può saltare agli occhi. Quando avevo chiesto qualche info sul dress-code mi era stato detto “tipo clan dei Casamonica”: solo senza l’elicottero.
Così quando gli sposi sono arrivati su una carrozza trainata da un
cavallo belga da tiro, uno di quelli con i pantaloni a zampa di
elefante, ho capito che “tipo” non era un modo di dire. E mi sono pentita di non aver osato qualche colore sgargiante, un lembo leopardato: mannaggia a me e al mio imprinting dark. In ogni caso nemmeno nel rito ufficiale le cose sono state proprio solo ufficiali.
Prima che iniziasse tutto, le Battonz hanno letto una cosa simpatica,
un po’ in spagnolo e un po’ in italiano, che raccontava in rima la
storia degli sposi, che è la storia di una grande casa, di decine di
persone; che parla diversi linguaggi, che è cresciuta fra musiche e
profumi di spezie, vaniglia e caffè. Detta così sembra seria (perché è una storia seria) ma faceva ridere e abbiamo riso. Poi una zia della sposa, di punto in bianco, chitarra alla mano, ha cantato One Love. E lì, io che sono una lacrima facile, mi sono commossa. Non c’era verso di far iniziare il rito ufficiale. Quello con le formule.
E comunque anche dopo la lettura degli articoli, delle cose che si
devono dire per stabilire il contratto, il sindaco ha detto cose tipo:
bisogna piantare radici profonde per poi sradicarsi. La cosa delle radici piantate e contemporaneamente da divellere mi è piaciuta tanto. Anche perchè sarebbe l’unico modo per far andar meglio le cose.
Poi, seguendo un rito africano, ha mescolato in un vaso le erbe
dell’Istria e quelle del Senegal, a simboleggiare l’unione di due paesi,
oltre che delle persone. Di solito si fa con la sabbia. Si mescola terra. Però non era a disposizione e quindi hanno trovato le piante. E mi è piaciuto di più, sempre per la faccenda delle radici. Tutto questo è avvenuto con traduzioni simultanee: italiano/francese; spagnolo/italiano. C’è stato anche un “de puta madre” rimbombato nella sala comunale che la traduttrice ha avuto l’accortezza di non riportare.
In stile clan dei Casamonica, all’arrivo all’agriturismo (la colonna di
automobili, con il padre della sposa in testa, velocità tra i 95 e i
100 kmh, perdeva per la strada almeno un paio di vetture non avvezze
alla velocità e alle strade friulane), tra lo sbalordimento generale
faceva la sua apparizione l’album con le foto della cerimonia celebrata
un’ora e mezza prima.
C’è stato un altro momento in cui mi sono pentita del mio abbigliamento: non aver portato il cambio delle scarpe. Ai matrimoni è un classico togliersi il tacco per mettere la scarpa comoda per ballare.
In questo caso sarebbero servite delle scarpe robuste, anche i miei
Martens, per la partita Italia-Senegal che si è disputata nel
pomeriggio. Palloni regolamentari, striscioni, magliette azzurre scritta bianca ITALIA e magliette gialle scritta verde SENEGAL. Quando hanno iniziato a distribuire le maglie ho capito che non c’era storia. Si poteva decidere a tavolino. Nessuno ha preso scommesse.
Ma visto che c’era anche l’arbitro, vestito da arbitro, la partita è
stata eroicamente disputata anche dagli azzurri e vinta 6 a 2 dagli
africani.
Mi sono dimenticata di parlare dei colori. O forse si è già capito che ce n’erano diversi. Comunque i confetti erano gialli-rossi e verdi. Il vestito della sposa invece era rosa. Come quel lago in Senegal. Come quel lago in Australia. Posti da cui si è partiti e a cui eventualmente tornare. Di nuovo le radici sradicate. La torta era rossa come le cose potenti: il sangue, la lotta, il fuoco; come la carne.
Agli sposi ho regalato un cuore. So che è scontato, ma è stato il cuore a trovare me. In una busta nera (un po’ per il discorso Casamonica-Unconventional People; un po’ per caso) agli sposi ho scritto delle cose. La tradizione, in Italia, vuole che il matrimonio sia rappresentato da diversi materiali.
Nei primi anni l’anniversario è di carta, cotone, seta; poi via-via
diventa sempre più consistente come i metalli o le pietre preziose. Si parte da materiali che la tradizione identifica come fragili e si arriva all’infrangibile. Come le nozze d’oro. I più fortunati e longevi arrivano al diamante. Ho pensato di raccogliere in parole e immagini tutti i materiali di cui è fatta una vita insieme. Nella tradizione manca, secondo me, un elemento. E’ per questo che le tradizioni vanno sovvertite. Bisogna scavare dove si è nati per trovarle e poi scagliarsi lontano per ritrovarsi. L’elemento che non c’è l’ho trovato sul greto del fiume. Che in questo caso non è solo il “mio” fiume perché è anche il fiume della sposa, che sta sull’altra sponda. E’ un fiume, il nostro, che se c’è l’acqua quella della piena; non c’è verso, fa paura e non si può attraversare. Ma di solito nel suo scorrere apparentemente tranquillo ci sono diversi posti in cui il guado è possibile. Soprattutto a Casarsa. Se non ci fosse questo fiume, non ci sarebbe neanche questa porzione di pianura fatta di sassi e acque che ci fa da casa. Anche se non si vede, anche se la sua potenza è tutta sotterranea. Sul letto del fiume ho trovato un sasso a forma di cuore. Ma sono i sassi che trovano me, a dire il vero.
Questo è particolare perché del più potente dei muscoli ha consistenza e colore. Non è una cosa per fighetti insomma. E potrebbe anche spaccare una vetrina volendo. Non è che puoi arrivare a tutti i matrimoni con un sasso. Ma qui ho potuto sovvertire il vocabolario; e la definizione “cuore di pietra” ha subìto una metamorfosi.
Quando il sindaco parlava di quelle radici e di quel eradicamento a me è
venuto in mente il concetto di unità nella diversità che mi piaceva
tanto quando stavamo al Centro Sociale. Non è che sia facilissimo,
ma è l’essere diversi e distanti e simultaneamente complementari e
connessi che può far rotolare questo pianeta in un modo leggermente
migliore.
il y a trois jours j'ai rêvé être soit au japon soit en chine et de prendre l'avion
je pense que c'est à cause du fait d'avoir rencontré au para todos un des stagiaires pizzaiolo qui devait partir en chine on était au para todos la soirée de collecte d'argent pour le réfugiés on
a fait i pizzaioli moi et ce jeune qui devait partir dans une semaine
sur le contact d'un ancien qui avait fait la formation et qui se
trouve être en chine tous les ans il ouvre un ou deux pizzeria en chine après avoir un peu discuté avec le jeune qui devait partir je lui ai demandé si il connaissait quelqu'un en chine s'il avait des contacts ou bien sil avait une connaissance de la langue chinoise “tu sais parler chinois? ou français? ou bien anglais?” et sa réponse a été un hochement de la tête pour dire no a toute ces questions. “je ne parle qu’ italien”
*****
ainsi il y a trois jours j'ai rêve être soit au japon soit en chine et de prendre l'avion pour quitter le pays au moment de décoller un
homme fait irruption sur la piste et tire en direction de l'avion
après plusieurs tires ratés il finit par toucher l'avion qui, après avoir décollé, s'écrasait dans la mer et coulait d’ un seul trait avec une vitesse hallucinante moi, un jeune et un vieux nous nous disions qu'on aller se noyer parce qu'on savais pas nager
par la suite on avais vu une bouée de sauvetage on s'y est agrippé pour remonter à la surface on était à une grande profondeur et à mi-chemin vers la surface le vieux lâche la prise et commence à couler j'ai l’agrippais par le bras me forçant de toute mon énergie pour le retenir et pour remonter avec lui mais moi même je commençais à perdre souffle et j'ai fini par le lâcher
au moment où je sentais la vie me quitter c'est là que me réveil en sursaut
dans un rêve la mort signifie une longue vie et l'eau une benediction
*****
arrivé
à paris quelques mois après je revois une vieille connaissance, un
parent par alliance du fait qu'il était un ami et qu'il a toujours fréquenté la maison on
se voit avec mon frère que j'avais pas revu depuis quinze ans et je lui
raconte mon voyage depuis le sénégal passant par le maroc le portugal
l'allemagne pour arriver à paris et par l'ironie lui il me répond que
“t'as atterri, moi j'ai accosté”
et ne comprenant pas il finit par me dire qu'il y a dix ans il est arrivé depuis le sénégal par pirogue avec des pêcheurs du nord du sénégal un voyage de cinq jours en haute mer sans
trop de difficultés et sans une grande préparation mais qu'il avait
voyage avec des pêcheurs d'une grande connaissance de la mer tre giorni fa ho sognato di essere in giappone o in cina e di prendere un aereo
penso perché avevo incontrato al para todos uno stagista pizzaiolo che doveva partire per la cina eravamo al para todos la sera della raccolta fondi per i rifugiati e il viaggio ad idomeni abbiamo fatto i pizzaioli io e questo ragazzo che doveva partire la settimana dopo, contattato da un altro che aveva fatto la formazione tempo fa ed ora abita in cina tutti gli anni apre una o due pizzerie in cina, dopo avere discusso un poco con questo ragazzo che doveva partire gli ho chiesto se conosceva qualcuno in cina se aveva degli amici o se sapeva parlare cinese “parli cinese? francese? inglese?” ha scosso la testa per dire no a tutte le mie domande “parlo solo italiano”.
***** cosi’ tre giorni fa ho sognato di essere in giappone o in cina, e di prendere un aereo per partire al momento del decollo un uomo fa irruzione sulla pista e spara in direzione dell'aereo dopo vari tentativi andati a vuoto riesce a sparare sull'aereo che, dopo avere decollato, si schianta nel mare e affonda in un momento ad una velocità allucinante io, un giovane e un vecchio ci diciamo che annegheremo perché non sappiamo nuotare
vediamo un salvagente ci aggrappiamo per risalire in superficie eravamo ad una grande profondità e, a mezza strada verso l'aria, il vecchio lascia e inizia ad annegare lo prendo per un braccio sforzandomi con tutta la mia energia per trattenerlo e risalire con lui ma anche io inizio a non avere più fiato e lo lascio
e quando sento che la vita mi sta lasciando mi sveglio di soprassalto
sognare la morte allunga la vita sognare l'acqua è una benedizione
***** arrivato a parigi qualche mese dopo
rivedo una vecchia conoscenza, un parente, un amico che ha sempre frequentato la casa ci vediamo con mio fratello che non vedevo da quindici anni e racconto loro il mio viaggio dal senegal passando in aereo dal marocco il portogallo la germania per arrivare a parigi e per ironia lui mi risponde “tu sei atterrato, io ho accostato”
e siccome non capisco mi spiega che era arrivato dieci anni fa dal senegal con una piroga con dei pescatori del nord del senegal un viaggio di cinque giorni in alto mare senza troppe difficoltà e senza una grande preparazione
perché aveva viaggiato con dei pescatori con una grande conoscenza del mare.