attraversiamo il
ponte di Rue Riquet che collega il XVIII con il XIX arrondissement, come
abbiamo fatto infinite volte. Lo Shakirail è dietro una delle ultime porte
dalla parte del XVIII. Il y a quelque chose qui se passe ici. Ci
soprende enormemente, aprendola, trovare lo Shakirail. Qui, (non) c’eravamo
(mai) abituate al privato come unico spazio di socialità e resistenza, tra il
2008 e il 2010, in piena era Sarkozy. Verso il canal de l’Ourq ci diciamo che la
mixité della popolazione di un luogo è un segno evidente della forza che ha ed
ha avuto l’impero. Il multiculturalismo, insieme a tante delle sue retoriche,
sono conseguenze del colonialismo e del capitalismo allo stato attuale. Chi ha
(de)portato noi e tutte queste persone per queste strade? Cosa ci facciamo per
queste strade? Ad ogni passo vediamo
il potere seducente, attrattivo, eccitante della capitale. La capitale fa gola,
crea delle voglie superflue, reali, alimenta delle illusioni.
Ci ritroviamo qui, di nuovo, dopo tre
anni e mezzo. Siamo felici di essere insieme. Tutto torna, in
bene e in male. E in questo caso in bene.
Passiamo al free shop dello Stendhal, lo squat che sta per essere sgomberato. C’è un’atmosfera di smantellamento, già di nostalgia per un’esperienza sospesa, interrotta e il progetto una nuova occupazione. Al free shop recuperiamo camicie, magliette, gonne rosse per il fondo delle isole, blu e verdi per i mari, ma nessun dorato ancora per cucire la frase: qui perd trouve. Si vede che tutto l’oro, in francia, lo tengono in banca.
http://blogefeg40ans.wordpress.com/exposition-iles-postexotiques/
shakirail, paris
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