jueves, 17 de abril de 2014

16 aprile 2014 - arcipelaghi post esotici

Il fondo rosso delle isole e le basi materiali delle nostre vite

Aprendo con le forbici i vestiti di seconda mano abbiamo tagliato la polvere, le macchie di sporco e di grasso, gli aloni di sudore, le chiazze giallastre e di vernice. Volevamo buttarli via, toglierceli da sotto il naso, non usarli per le isole. A Vesna facevano un certo senso di schifo.
“Ma quest’ascella la dobbiamo usare? Puzza da morire!”
“Pensa se era il sudore di qualcuno che aveva appena finito di scopare!”
Altri tessuti volevamo salvarli a tutti i costi. Sottovesti e vestaglie di seta rossa appena usate, maglie stilose, eleganti, utili e soprattutto calde. Visto che qui fa ancora troppo freddo.
Alla fine abbiamo deciso di usare tutto.
Abbiamo disposto i pezzi di tessuto seguendo le forme, le scollature, le maniche, i colli, i cavalli, le etichette semisbiadite e i bottoni: made in turkey, h&m, zara, petit bateau, made in china, made in bangladesh, superwax holland.
Non avevamo un modello di isola da copiare e realizzare. Le isole devono essere immaginarie, devono avere la forma dei nostri sogni. L’unico criterio della composizione era il colore: il rosso e le sue sfumature. Ammessi, anzi preferiti, tutti i tessuti con scritte, ricami e fantasie: è importante che si veda che sono vestiti.
Guardando il fondo della prima isola, ci siamo rese conto che abbiamo disposto le stoffe in un modo molto regolare, mantenendo le linee e gli angoli retti. Quella divisione territoriale così netta non era un’immagine nuova. Artefatta come la cartina geografica disegnata in Africa dal colonialismo europeo.
“Le isole hanno le coste frastagliate”

Quando arriviamo oggi allo Shakirail, il grande tavolo fuori è al sole, si festeggia l’anniversaire di Marie, le galline sono in giro, tutti pranzano insieme. A tratti non riusciamo a credere di essere a Parigi, al centro di una metropoli. Una collettività organizzata, che condivide spazi di vita, creazione, musica, rappresentazione e cibo. Sono lì da tre anni in convenzione con la SNCF, l’ente che gestisce le ferrovie (http://shakirail.blogspot.fr/). Per essere un luogo di autogestione precario, continuiamo a ripetere che è un esempio di organizzazione sostenibile e vivibile rispetto all’economia parigina – dove l’affitto di 34 mq costa 880 euro più spese- come non ne avevamo ancora visti in giro per l’europa.
“Lo Shakirail mi pare un’eccezione, perché gli spazi autogestiti che ho vissuto erano dei luoghi trascurati”
“Vorrei sapere in che modo il genere influisce nella organizzazione e nel mantenimento di questo spazio”.
“Non è questione di trasandato o meno, il fatto è che qui ci passa un sacco di gente, sono luoghi aperti. E’ normale che non ci sia l’ordine, l’estetica e la gestione di una casa privata”
“E noi come ci vogliamo organizzare? ”
Sperimentare forme di vite ed economie condivise è il nostro engagement di ogni giorno. E’ bello provarci soprattutto oggi, perché ci hanno raggiunte anche Anton e Perla. Mancavano solo loro.
Il fondo rosso delle isole è pronto.
+ INFO: iles-postexotiques

shakirail, paris 
(antes la duda tu la viuda
pero siempre con tu animal guida)



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