martes, 29 de abril de 2014

27 aprile 2014 - arcipelaghi postesotici

buscando


Se volete andare in fretta, andate soli; se volete andare lontano, andate insieme.

una delle pratiche anticapitaliste su cui le battonz puntano è quella di buscar le cose che servono nella resistenza evitando grandi magazzini e negozi. Gli oggetti circolano in un modo diverso, non attraverso il denaro, e creano l'incontro. Ci sono i residui, gli scarti, i regali e i resti della produzione sovrabbondante di tutto. La povertà è un fantasma, fa paura, soprattutto in tempi di crisi e a chi non l'ha mai vissuta. On partage. Entriamo in contatto. La crisi potrebbe essere anche la forza di chi non ha niente da perdere perché niente ha avuto.


Se si sogna da soli, è solo un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia

domingo, 27 de abril de 2014

26 aprile 2014 - arcipelaghi postesotici


                                                    spilli
 
il primo occhio blu l’ho tagliato
pensando a merisma
il secondo occhio blu è
a goccia per la pioggia di oggi
il terzo occhio d’oro
per la luce di quando c’è il sole
il quarto occhio di pizzo giallo l’ho tagliato 
per quando sembra di avere gli occhi da gatto
il quinto occhio verde è
per lo sguardo di sara
il sesto occhio blu l’ho tagliato
pensando a quando si vede il mare
il settimo occhio è a spirale 
perché tutto torna
l’ottavo occhio di pizzo è verde,
come sono i dollari,
perché la nostra libertà si misura sull’indipendenza 
che riusciamo a guadagnarci dal capitalismo
il nono occhio marrone l’ho tagliato
dal vestito da antropologa
per non dimenticare tutti gli sguardi colonialisti
che scrivono i libri
il decimo occhio marrone
è l’occhio di chi mi ha controllata
l’undicesimo occhio l’ho tagliato
azzurro a forma di goccia
perché oggi parto

gli altri, infatti, li taglio di raso
per farli lucidi.
le isole hanno gli occhi. 
 
siamo colorate perchè qui il colore è resistenza

sábado, 26 de abril de 2014

25 aprile 2014 -arcipelaghi postesotici

miraggi e ormeggi
anche oggi è iniziato tagliando.
Un vestito marrone chiaro, con una cerniera centrale, quattro tasche, stile avventura coloniale anni ‘20, il vestito da “antropologa” di vesna. Sacrificato, in nome di tutto il sapere che rappresenta, per diventare una parte del corpo dell’isola postesotica di QUI. 
Il taglio degli occhi. Il bianco che tutti abbiamo in comune, poi iridi castane e coloratissime, pupille nere. Kiarù si mette alla macchina da cucire professionale con il rocchetto rosso. Le venature all’inizio impressionano, ma è il rosso che quegli occhi hanno visto, il rosso che li rende inquieti. 
L’isola di QUI ha un corpo, un’infinità di occhi sempre attenti, delle cerniere aperte come i silenzi, dei seni pieni di brillantini, una bocca vulcanica. Degli ormeggi e delle corde su un lato, perché l’isola non è accessibile in tutti i punti.
Ad un certo punto siamo immerse nella disposizione intricata di strisce di tessuto e intrecci, in un sistema iper complesso di spilli, strati di stoffe e cuciture a zig zag.  Vesna si sente tornare bambina. Come quando si fantasticano progetti impossibili, case sull’albero, traversate infinite da isola a isola, ombrelli per provare a volare, e ci si ritrova felici nel bel mezzo di tutta questa fantasia. 

viernes, 25 de abril de 2014

24 aprile 2014 - arcipelaghi postesotici

amare        
Sono giorni che chiediamo a chi incontriamo a Château Rouge – sarti, griots, signore che fanno la spesa, amanti, cuochi - che cosa significhi “exotique”, visto che dappertutto nel quartiere, sulle insegne, nelle serrande, sui vetri dei negozi, sulle tende c’è scritto “Produits exotiques”.
Nessuno ha idea, se non vagamente, di che cosa si intenda. Fino a ieri quando Dicko, un amico senegalese conosciuto à rue Doudeauville, parlando con Annarita di integrazione e discrezione, ad un certo punto ha detto: in ogni caso a noi africani ci vedono sempre come exotique.
Per lui, exotique è un termine peggiorativo: “si tu me vois comme exotique, ça veut dire que tu me rejettes. Exotique è chiunque non possa passare inosservato (celui qui ne passe pas inaperçu). E’ una differenza visuale, qui fait du tape à l’œil, è una differenza che non può essere integrabile».

Esotico è un termine che serve ai bianchi per definire ciò che proviene e che si trova tra il tropico del Cancro e il tropico del Capricorno. Il capitalismo si basa sulla voglia di integrare, cioè di dominare ogni differenza.

«E’ questione di colore della pelle?»
«Non solo, perché per esempio gli Antillesi, che pure sono neri, non sono exotique perché sono di culture française. Hanno la cittadinanza francese. Exotique è chi ha una cultura africana e la mantiene. Bisogna uscire dal metrò di Château Rouge per capire come vivono gli africani. Se sei nel 6 arrondissement vedi dei bianchi tutti civilisés. Conosco queste differenze perchè faccio le consegne delle pizze dappertutto a Parigi». 
Exotique, secondo Dicko, non ha una connotazione religiosa: una donna con il burqa non lo è, anche se la sua differenza non è integrabile in Francia e salta agli occhi.
Si diventa esotico per la lingua e l’accento, il colore della pelle, i vestiti e lo stile, un certo modo di comportarsi e relazionarsi con gli altri tutti i giorni.
“Se vai a casa degli africani, ti invitano a mangiare senza neanche chiederti il nome”.
“Questo ti rende exotique?”
“No, questo non è exotique”.
“Se perdi il lavoro e sei africano non resterai mai solo, come capita ora ai bianchi con la crisi”.
“Allora questo è exotique?”
“No, non è questo”.
Exotique è un certo modo, typiquement africain, di comportarsi ogni giorno, di non “perdersi” nel mondo capitalista e di di/mostrare questa resistenza.
Dicko non ci ha detto di più.
                                               

thank you, with all you I'm happy


                                 

miércoles, 23 de abril de 2014

21 aprile 2014 - arcipelaghi post esotici

Naufraghe
 ogni giorno è fatto di incontri.
Alpha, parigino da tre generazioni, figlio del métissage forcé della storia, ci dice che il capitalismo è una questione di istinti, voglie e territori. Sta nell’atelier accanto al nostro per realizzare un centinaio di corvi in ferro, bianchi, con un ramoscello d’ulivo, che si avventano su una entrecôte a forma d’Afrique.
Lo Shakirail non è un luogo di politica partitica né si definirebbe anticapitalista: le pratiche di creazione condivisa, vita comune, solidarietà e vicinanza ne fanno uno spazio di sperimentazione e resistenza. «A Parigi saremmo tutti delle isole disperse se non ci organizzassimo in arcipelaghi» ci racconta Marie.
«Quello che mi piace delle isole è che danno l’idea dell’indipendenza»
«Trovo inquietante questo pensiero perché così facilmente si riesce ad assimilare l’isola al principio stesso del capitalismo»
«Mettere le isole in relazione all’indipendenza significa riconoscere la forza che ogni colonia e colonizzato hanno di emanciparsi dalla metropole.» 
La tempesta non ci ha disperse. Abbiamo continuato a cucire il mare delle isole sottoforma di vela e le corde sottoforma di trecce.
Spente le macchine da cucire, siamo andate a mangiare su una panchina di fronte Best Africa à Rue Doudeauville. Sembrava di stare su una zattera. Non galleggia sull’acqua ma si scontra con l’asfalto. Domani Mery parte per Valencia. Restiamo insieme perché sentirsi arcipelago è anche addormentarsi ridendo.
"nelle djemâa nordafricane o nelle riunioni dell'africa occidentale, la tradizione vuole che i conflitti che scoppiano in un villaggio siano discussi in publico. 
autocritica in comune certo, e tuttavia con una nota umoristica, perché tutti sono tranquilli, perché vogliamo tutti, in fin dei conti, le stesse cose".
frantz fanon - i dannati della terra

lunes, 21 de abril de 2014

20 aprile 2014 - arcipelaghi postesotici

 in altro mare
se gli arcipelaghi sono la geografia di come siamo, oggi è il giorno della tempesta.
abbiamo cucito superfici blu e verdi.
per kiaru è come avere le mani nelle lacrime.
"il mare aperto tra la terraferma e le isole, tra l'isola e isola, l'abisso che è, il mare blu scuro tendente al nero mi ha sempre fatto paura" dice vesna.

abbiamo parlato con elsa che ci ha raccontato di un libro "l'île des esclaves" dove gli schiavi prendono il sopravvento sui maîtres.
come sarebbe se noi avessimo il potere del capitale?
stiamo ricucendo insieme ferite antiche e divisioni:
povere/ricche
nord/sud
continenti/isole
perla spegne la macchina e dice:
l'isola viene all'arcipelago.

ogni isola rischia di essere sommersa.


domingo, 20 de abril de 2014

19 aprile 2014 - arcipelaghi postesotici

Qui trouve? 
 
Mettendo gli spilli tra pizzi verdi, cotone azzurro e raso blu, sembra di avere sempre le mani nell’acqua.
kiaru prende un kimono di seta nera con i polsi azzurri. E’ molto bello, stile orientale. L’abbiamo trovato in un sacco di vestiti regalato da un’amica di una nostra amica.
“Taglio, così uso l’azzurro per il mare?”
“Puoi usare anche il nero.”
“Si, per i punti in cui il mare è scuro, quando il fondo è nero di alghe”.
“O per il petrolio”.

Una visione postesotica punta a rendere visibile il conflitto con l’idea che l’isola sia un luogo incontaminato, vergine o irrimediabilmente violato. L’isola sconosciuta, scoperta, abbandonata, deserta, selvaggia, infernale e paradisiaca non esiste più, e di certo non è mai esistita nei termini in cui l’hanno sognata e la sognano i turisti, gli imprenditori, gli antropologi, scrittori e artisti.
Cercare luogo altro dove imporre il proprio, un porto dove salvarsi, una cultura altra, una spiaggia dove dimenticarsi -dimenticando la propria storia e il proprio quotidiano- corrispondono ad una visione esotica in cui la deresponsabilizzazione è permessa perché i mondi sono considerati in modo assoluto separati.
Qui trouve ?
En fixant les dentelles vertes, les cotons bleus clairs et les satins bleus avec les épingles, nous avons la sensation de tremper les mains dans l’eau tout le temps.
Kiaru prend un kimono de soie noire avec les poignets bleus. C’est très beau, style oriental. Nous l’avons trouvé dans un sac de vêtements que nous a offert une copine.
“Est-ce que je découpe les poignets pour coudre la mer?”
“Tu peux utiliser les parties noires.”
“Ah oui, parfois la mer est noire quand au fond il y a beaucoup d’algues.”
“Ou à cause du pétrole”.

Une vision postexotique rend visible le conflit avec l’idée que l’île soit un lieu vierge ou irrémédiablement violé. L’île inconnue, découverte, abandonnée, déserte, sauvage, hyper dangereuse et paradisiaque à la fois n’existe plus, et sans doute elle n’a jamais existé comme les touristes, les entrepreneurs, les anthropologue, les écrivains et les artistes ont rêvé et rêvent d’elles.
Chercher un lieu autre où reproduire le sien, chercher un port loin pour se sauver, ou bien une culture autre, une plage où s’oublier – en oubliant sa propre histoire et son propre quotidien – correspondent à une vision exotique où la déresponsabilisation est permise parce que les mondes sont considérés comme séparés.

sábado, 19 de abril de 2014

18 aprile 2014 - arcipelaghi postesotici

prove di arcipelago

oggi dovevamo passare al blu e al verde del mare, invece siamo rimaste nel rosso.
I fondi delle isole si sono allargati come se fossero liquidi sul pavimento dell’atelier. Come il sangue nell’acqua. Nelle nostre storie ci sono dei corpi nel mare, dispersi, oltremare. Esodati, internati, minacciati, ammazzati, emigrati. C’è un deposito di violenza alla base, di ogni grado e di tutte le sfumature.
Abbiamo una familiarità con il rosso.
Cuciamo quello che ci scorre nelle vene. Tutti i tagli che abbiamo fatto hanno creato legami diversi da quelli di sangue.
Cerchiamo di ricreare una forma di vita collettiva e pubblica.
Questo significa fare prove di arcipelago.  
kiaru dice che mettere in avanti la diversità di ognuna non basta.
+ INFO iles-postexotiques

viernes, 18 de abril de 2014

17 aprile 2014 - arcipelaghi postesotici

La pelle è un tessuto

Neanche oggi sembra di essere a Parigi. Sembra estate nel patio di fronte decine di binari paralleli su cui i treni passano lentamente, il tavolo sullo sterrato, i gatti, un filo di lampadine sospeso. 
Le isole saranno leggere. Di pomeriggio siamo tornate a casa portando dieci chili di ovatta con cui riempiremo l’involucro di stoffa delle isole. Renderemo morbidi i nostri ricordi duri (http://lara-bia.tumblr.com/arms). 
Le isole saranno sospese nella corte interna del terzo piano del Bâtiment B a Paris8, un’università di banlieue.
Le isole saranno dei focolai di riscatto anche se l’università ci ha imposto, per norma, di tutelarle dalle tentazioni incendiarie di chiunque. Non esistono luoghi liberi di esposizione.
Nella sala internet dello Shakirail c’è una mappa dell’Australia e i lampadari sembrano arnie di api. Non sembra Parigi, ma, dice Perla, non sembra neanche nessun altro posto. 
Tocco la spalla di Anton perché si faccia un poco più in là. Mentre mi incastro tra la sua spalla e il suo fianco, penso al modo in cui abbiamo disposto i tessuti per comporre i fondi rossi. I nostri letti sono come delle isole. Ieri sera Lara ge mi diceva che la superficie delle isole dovrebbe essere fatta da corpi allungati, vicini, dovrebbe essere corporea. Chiudendo gli occhi per addormentarmi, ho avuto la visione di un paio di forbici che tagliava la mia pelle tesa. La pelle è un tessuto. La superficie delle isole sarà composta da tessuti dei colori delle pelli. 
+ INFO: iles-postexotiques
shakirail, paris.