miércoles, 28 de mayo de 2014

intervista di scene contemporanee al collettivo idm sulla expo: arcipelaghi in lotta



 bâtiment B2-Paris8
Intervista di scenecontemporanee.it
L’esposizione Arcipelaghi postesotici, visitabile all’Università di Paris8 fino al 28 maggio, è il frutto del lavoro di un collettivo transnazionale, ideadestroyingmuros, che riflette su luoghi, contemporaneità, politica e decolonizzazione.

Che cosa rappresenta l'arcipelago?
E’ la forma geografica delle nostre relazioni, il passaggio dall’abbandono e dalla solitudine di essere isola all’appartenenza e alla ricollocazione nel diventare arcipelago.
E’ una rappresentazione delle alternative di vita anticapitaliste in occidente nelle quali siamo impegnate. Ogni isola è connessa all’edificio attraverso delle trecce che percorrono il vuoto della sospensione. Un femminile teso che costituisce delle corde d’attracco, che fa divenire l’edificio un porto e l’arcipelago un miraggio nella banlieue parisienne, nel 93, a saint denis, per tutte-i quelle-i che, come noi, hanno la sensazione di vivere nel-la capitale un deserto emozionale e politico.

Cosa intendete per postesotico?
Nella Storia e negli immaginari dominanti le isole sono sconosciute, scoperte, deserte, selvagge e infernali, incontaminate, paradisiache. Esotiche, rappresentano degli ideali di puro erotismo. A partire dalle nostre biografie possiamo affermare che i processi culturali, politici e storici che attraversano le isole, segnati da forme di dominazione nazionale, economica e turistica, le trasformano in luoghi complessi da vivere.L’isola, luogo vergine o irrimediabilmente violato, non esiste più, e di certo non è mai esistita nei termini in cui l’hanno sognata e la sognano i turisti, gli imprenditori, gli antropologi, scrittori e artisti. Una visione postesotica punta a rendere visibile il conflitto con questo immaginario.
La superficie delle isole è composta da forme corporee, geocorpi, corpi vegetali che traducono una visione postesotica delle isole, l'idea di un arcipelago in lotta: le isole hanno lingue che si mescolano e affermano, cerniere aperte per un’omertà che non regge più, bocche vulcaniche. Hanno gambe per partire, mani per dire al mondo capitalista che si fotta e autoimploda senza di loro. Le isole sono dei luoghi di resistenza e, quindi, di nascita.
 Quali sono le pratiche che operano in questo progetto?
Le isole destabilizzano il formato del sistema dell’arte contemporanea per vari motivi: la realizzazione in un centro autogestito, l’uso esclusivo di materiale riciclato e di seconda mano, la destrutturazione del circuito obbligatorio fondato sull’esposizione in un luogo preposto all’arte e sul vernissage, un processo di creazione condiviso da tutto il collettivo. Le mani che sono passate sul mare e nel sangue sono moltissime. Le isole hanno preso corpo grazie alla presenza, agli occhi, alle parole, al supporto materiale delle persone vicine, che le hanno raggiunte, incontrate, messe in discussione, amate.
Cucire le isole è stato un processo di auto/osservazione reciproca e collettiva, in cui il fare è stato in stretta relazione con i comportamenti corporei, i vissuti emozionali e il contesto urbano, politico nel quale ci siamo trovate.  Abbiamo tenuto un journal de bord, una pratica autoetnografica, composto da brevi testi e fotografie per rendere pubblico quello che stava capitando.

Che connessione create tra il luogo di creazione e realizzazione con la sede dell’esposizione all'università di Paris8?
Il luogo di creazione delle isole è stato lo Shakirail, un centro autogestito dal collettivo Curry Vavart nel XVIII arrondissement che comprende due enormi stabili più uno spazio sterrato per le galline e per stare al sole. E’ uno spazio di lavoro composto da ateliers, spazi per le prove di danza, musica e teatro. Le pratiche di creazione condivisa, vita comune, solidarietà e prossimità ne fanno uno spazio di resistenza. Ci hanno offerto la possibilità di usare l’atelier couture con tutti gli strumenti e le stoffe, di dormire in uno sleeping.
Cucire le isole in questo contesto ha avuto il senso di “risolvere” la precarietà delle nostre vite e le condizioni materiali del processo artistico contribuendo ad uno luogo di sperimentazione.
L’Università di Paris8 all'inizio ci aveva proposto di esporre le isole nella hall des expositions, una vetrina istituzionale consacrata all'arte. Abbiamo insistito perché le isole occupassero lo spazio del bâtiment B2, perché stessero proprio lì dove siamo passate noi, un miliardo di volte, per seguire i corsi, per chiedere informazioni sulla nostra iscrizione. E' uno spazio decadente e grigio, sicuro e sporco, come la france. Le isole devono entrare in dialogo con il contesto materiale, proponendo degli altrove, immaginari e reali.

Che significa "qui perd trouve"?
che il mondo occidentale perda.
che tutte le persone la cui storia è segnata da una perdita, invece, trovino.
che perdere per chiunque, in ogni caso, è una possibilità. Non di vincere ma di trovare.

miércoles, 21 de mayo de 2014

20 maggio -arcipelaghi postesotici

aller retour

il metro saint-denis, ligne 13, è diventato una frontiera. intermittente, a volte visibile, a volte invisibile. arbitraria.
mi era già capitato di vedere la fermata in stato di semiassedio da parte di operatori della RATP o di poliziotti, pronti a intrappolare chi sale dalle scale o chi ha appena passato la tournelle del biglietto.
a volte mi sono sembrati addirittura nascosti dietro le colonne.
oggi sono saliti sul treno.
è stata una scena feroce.
Basilique de Saint-Denis: si aprono le porte, sale un funzionario della RATP, nero. Non fa niente, si guarda intorno, da fermo. Ho il tempo di pensare che sia un controllore, non lo sia, che sia solo qualcuno che, finito il suo turno, rientra da qualche parte. Intorno personne bouge. Poi, invece, dice a tutti di prendere le titre de transport. Apro il portafogli, prendo i dieci biglietti del carnet, glieli mostro tutti: non so quale sia quello di oggi. Non mi fa problemi, procede. Immagino che debba fare questo lavoro, ma evidentemente non vuole prendersela con nessuno. Accanto a me un tipo addormentato, ubriaco o nonso, ripiegato su di sé, pare maghrebino. Una signora bianca, forse maghrebina, sulla mezza età gli si avvicina. Lo guarda cercando di capire se sta bene. Penso sia qualcuno che lo vuole aiutare, forse una del quartiere, una conoscente. Dopo qualche istante, lo scuote e gli dice: on dort pas ici. E mostra il suo distintivo al ragazzo con gli occhi ancora chiusi. Era una poliziotta. Non potevo crederci. Vestita come mia madre.
Inizia ad accanirsi contro il tipo mentre il suo collega inizia ad accanirsi contro chi non ha il biglietto. E’ un’ escalation di violenza.Scoppia una rissa dall’altra parte del vagone. Tutta l’attenzione si sposta da quella parte, compresi operatori e poliziotta. La bagarre è tra un ragazzo nero e uno arabe. E’ tremendo vedere i rappresentanti dell’ordine e i ragazzi che si bagarrent appartenere a delle minoranze, a diaspore diverse.
Il ragazzo accanto a me intanto si è svegliato, alzato, è riuscito a scappare.
bisogna prendere coscienza e dire che le isole, ancorate per ora al bâtiment B2, sono appena al di là o appena al di qua di una frontiera.  
al di là e al di qua della frontiera:  la settimana scorsa per m. c’è stato il carcere, per altri un poste de police, per altri un centro di identificazione ed espulsione, per j. tantissime lacrime e rabbia, per a. è iniziato l'incubo, per me oggi questa visione e presa di coscienza, e quasi per tutti al di qua e al di là di questa frontiera c'è l’istituzione universitaria, la lingua francese, i libri, le discipline.

                                                     bibliothèque université Paris8
                                                                entrée université Paris8

5 maggio Valencia

il giorno dell'installazione dell'arcipelago alcune di noi erano a parigi al metro saint-denis université. altre erano a valencia a casa di kiarucci.
a calle cuba tutte in cerchio, dovevamo fare degli esercizi di voce. inizia merucci, poi jimena, giulia, e quando tocca a me sento ale e aziz che mi chiamano preoccupati. 
hanno preso m...la polizia, non so dove l'hanno portato. è stato un'incubo, non sapevo cosa fare. 
senza tutto l'appoggio e l'amore non so come avrei, avremmo fatto, a cercarlo in un posto dove solitamente portano i tipi senza documenti, dove c'e' anche il cie, dove m. ha giá passato piú di 20 giorni l'ultima volta che é stato preso. 
siamo andati tutti, in 10, peró sembravamo un'esercito di 10.000
all' entrata c'è una sbarra con due sbirri, chiediamo, ma l'informazione non si puó dare: é sparito nel nulla, non esiste piú. 
la notte l'ho passata con gli occhi aperti, non riuscivo né a dormire, né a piangere. pensavo che ci saremmo rivisti forse in senegal.il cellulare spento, baye si mobilita per cercare il numero del suo avvocato, l'unico che puó avere contatti con la "persona invisibile".inizio a fare telefonate al suo avvocato, ogni volta mi lascia piena di ansie e dubbi e non mi dá informazioni concrete.
l'ultima telefonata mi dice che é fuori. siamo troppo felici di vedere che sta bene, pare un miracolo che in sole 24 ore sia fuori
mi sembrava di aver perso un anno di vita.
andiamo tutte a cercarlo alla fermata dell'autobus e sorride.

c'e' polizia in ogni angolo del quartiere, e a volte penso che forse c'era anche prima ma non ci avevo fatto troppo caso, visto che posso camminare senza pensare di avere paura che mi fermino.
da questo evento in poi, m. ha iniziato a usare vestiti baye fall coloratissimi. mi ha sorpreso visto che prima sembrava avesse uno style piú occidentale, una maniera per passare piú inosservato.
forse quando non hai piú niente da perdere é quello il momento in cui esci in strada a rappresentare e a esprimerti.



15 maggio, paris saint-denis université

on rentre dans le métro
contrôle policier
une femme policière d'origine africaine vient envers moi
contrôle total, j'avais rien sur moi, juste ma carte universitaire 
quand même elle est restée là, une vingtaine de minutes, pour me checker partout. tous les flics étaient des blancs. ils rigolaient de nous. quand même. en plus. 
et puis ils ont pris les papiers à m., il est citoyen français, mais black, des îles.
ils l'ont pris.
il faut qu'on trouve: c'est tout.

je suis trop énervée.pour avoir trop dit: qui perd trouve, 
et après voir qu'il y a des gens des îles qui doivent : tout perdre, tout le temps.
ça me fait mal 
sur mon visage, maintenant, il y a des larmes et du sel partout
je pleure et mon visage est comme une plage, face à la mer
j'ai que du sel partout
peut être que par rapport à la géographie des îles, il fallait penser aux larmes
tu vois, pourquoi la géographie des îles nous appartient-elle?
c'est de ça qui parlent nos archipels
les générations changent
et j'y retrouve toujours la même histoire.

la diaspora, toujours la même
l'économie, toujours la même
les papiers, toujours la même histoire de mes grands parents
il faut que ça arrête
je n'ai pas d'autres envies

il faut que ça arrête
je n'ai pas d'autres envies
il faut qu'on transforme tout
dans beaucoup de capitales européennes, comme à paris, qui sont les sièges du système capitaliste, il n'y a pas de sel.
donc, si les larmes nous renvoient au sel de la mer, pourquoi leurs géographies, leurs perceptions des choses, douces, devrait-elles nous appartenir ?

war ina babylon

                                                                                               paris, université paris8












miércoles, 14 de mayo de 2014

9 maggio - arcipelaghi postesotici

wati b, continue toujours, continua sempre, never give up

la mattina dell'installazione telefona morgan e ci svegliamo.
andiamo all'atelier, c'è la luce come in una serra e c'era la gatta, la gatta di mery, che dormiva sull'isola tutta piegata sul divanetto. queste isole sono rifugio. ormeggio. in questi giorni, dato che qui piove a dirotto, sembrano anche un miraggio.
l'installazione des iles è stata magica e pazza. significa che quando immagini qualunque cosa, la puoi realizzare. un sacco di persone sono arrivate ad aiutarci. poi i tessuti non bastavano, la macchina era da spostare, livia è andata a prendere 3 lenzuola matrimoniali da tagliare per fare le trecce che mancavano.
ce l'abbiamo fatta.
per ultima abbiamo installato l'isola con le dita che mandano a fanculo il mondo occidentale.
all'inizio ci avevano proposto di esporre le isole nella hall des expositions all'entrata dell'università, una vetrina istituzionale consacrata all'arte. quando ci siamo iscritte al centro studi di genere, cinque anni fa, in quello stesso spazio ci si fermava per la raccolta firme per sostenere gli studenti sans papier o per i logements sociaux.
abbiamo insistito perchè le isole occupassero lo spazio vuoto del batiment B2, perchè stessero proprio li' dove siamo passate noi, un miliardo di volte, per seguire i corsi, per chiedere informazioni sulla nostra iscrizione. e' uno spazio decadente e grigio, sicuro e sporco, come la france.
volevamo che le isole entrassero in dialogo con il contesto, proponendo degli altrove, immaginari e reali.
le isole vogliono dare coraggio a chi, rispetto alla francia colonizzatrice, viene da fuori - è "esotico" nel senso proprio della parola - e ha una storia che è stata sfruttata, cancellata, sottomessa dalla storia eurocentrica e capitale dell'occidente europeo.
il vernissage delle isole è tutte le volte che qualcuna/o le guarda e pensa, come noi, che chi perde trova.
la sera sono andata allo shakirail. ero ancora troppo stanca dall'installazione. inizia a diluviare, escono di nuovo due arcobaleni, e inizio a sistemare e a pulire, aghi a non finire, tessuti come se piovesse. nel cumulo di vestiti rimasti per terra in atelier ci ho trovato pure 2 preservativi. forse qualcuno veniva a scopare sulle isole. che idea.
alla fine ho avuto una sensazione magica, qualcosa tra il vuoto, la disperazione e la gioia. pulire, lasciare spazio a nuovi progetti, fare largo, reinventarsi le ore, i corpi, le telefonate.


lunes, 12 de mayo de 2014

Transfeminismos en Valencia 15 mayo 16:30h

Presentación de Transfeminismos en Valencia
Jueves 15 de mayo 16.30h
Aula B.0.2 Facultad de Bellas Artes
Universidad de Valencia

presentación de Piratte y Pornotullido a cargo de POST OP en Valencia


Miércoles 14 de mayo a las 20:00h presentación de Piratte y Pornotullido a cargo de POST OP en la mandrágora.

Pornortopedia, juguetes, protesis y ortesis con fines sexuales pensados para todxs.(diversidad funcional y prácticas postporno)

"No es lo que el postporno puede hacer por la personas con diversidad funcional sino lo que pueden hacer éstas por el imáginario colectivo"

Piratte , documental y revista fotográfica realizada por diversos activistas postporno de Barcelona.

La fotografía ha sido utilizada durante muchos años como medio para documentar y patologizar los cuerpos disidentes, ha mostrado las sexualidades y corporalidades minoritarias como “el otro” o “lo abyecto”.

Hoy somos nosotrxs quienes cámara en mano, y como si de una venganza se tratara, utilizamos los mismos medios para mostrarnos a nosotrxs mismxs, nuestros cuerpos, nuestras prácticas.

Lo que antaño fue mostrado como lo monstruoso ahora lo mostramos como algo bello, deseable, fuerte, contundente y envidiable.

Desde la confusión de biologías, géneros y prácticas ofrecemos un producto para el disfrute visual del consumidor. Cuerpos ignorados que se convierten en cuerpos políticos. Cuerpos hasta ahora representados como el otro, el abyecto, lo monstruoso, los mostramos como deseables, seductores, bellos y orgullosos de sí mismxs.

+ INFO: http://postop-postporno.tumblr.com/

martes, 6 de mayo de 2014

5 maggio 2014 - archipelaghi postesotici

installazione
 archipelaghi in lotta: isole postesotiche

bâtiment B2 a Paris 8 Saint-Denis
dal 5 al 28 maggio, Parigi


Le isole hanno preso corpo grazie alla presenza, alle mani, agli occhi, alle parole, al supporto materiale delle persone vicine, che le hanno raggiunte, incontrate, messe in discussione, amate. 

abbiamo cucito un arcipelago, la forma geografica delle nostre relazioni, una rappresentazione delle alternative di vita anticapitaliste nelle quali siamo impegnate.
Nella Storia e negli immaginari dominanti, le isole sono sconosciute, scoperte, deserte, selv
agge, incontaminate, paradisiache. Esotiche, rappresentano degli ideali di puro erotismo.
Nelle nostre biografie e nelle nostre fantasie le isole corrispondono a dei luoghi che hanno subito e subiscono delle forme di dominazione nazionale, economica e turistica. I processi culturali, politici e storici che attraversano le isole le trasformano in dei luoghi complessi da vivere. Diventano pesanti: dei luoghi da cui andare via e dove è difficile vivere, dove desideriamo tornare, luoghi da decolonizzare, sempre presenti nelle nostre autorappresentazioni e interpretazioni del reale.
In continua tensione con i capitali e le metropoli, siamo impegnate a ripoliticizzare il souvenir, i ricordi e la storia di ognuna di noi in opposizione a tutte le storie imperialiste cui non vogliamo appartenere.
Le tre isole che abbiamo cucito portano una parola che compone la frase: "chi perde trova", il messaggio che vogliamo trasmettere a paris, uno dei centri dell'europa occidentale, capitale della francia colonizzatrice, capitalista y explotadora.
L'arcipelago occupa lo spazio dell'univerità di Paris8. Ogni isola è connessa alle altre attraverso delle trecce che le percorrono il vuoto della sospensione come strade. La superficie delle isole è composta da forme corporee, geocorpi, corpi vegetali che traducono una visione postesotica delle isole, l'idea di un arcipelago in lotta.


***

un archipiélago, la forma geográfica de nuestras relaciones, que representan las alternativas de vidas anticapitalistas en las que estamos empeñadas.

En la historia de los imaginarios dominantes las islas son desconocidas, descubiertas, desiertas, salvajes,  incontaminadas, paradisiacas, exóticas y representan unos ideales de puro erotismo.

En nuestras biografías y en nuestros imaginarios, las islas corresponden a unos lugares que han sufrido y sufren formas de dominación nacional, económica y turística. Los procesos culturales, políticos y históricos que atraviesan las islas las transforman en unos lugares, para nosotras, complejos de vivir y de dejar**.

En continua tensión en contra del capital y de las metrópolis, queremos repolitizar el "souvenir", nuestros recuerdos y la historia de cada una de nosotras, en oposición a todas las historias imperialistas a las que no queremos pertenecer.

Las tres islas que estamos cosiendo llevan cada una de ellas una palabra que compone la frase: "qui perd trouve/quien pierde encuentra" y eso es el mensaje que queremos transmitir a París, uno de los centros de la europa occidental, capital de la Francia colonizadora, capitalista y explotadora.

El archipiélago irá ocupando el espacio de la universidad de Paris 8. Cada isla, de larga unos cuantos metros, será conectada a las demás a través de trenzas de tela. La superficie de las islas estará hecha por geocuerpos y cuerpos vegetales para traducir una visión post-exótica de las islas, la idea de un archipiélago en lucha.



Exposicion "Archipielagos en lucha: las islas postexoticas"

"Les îles postexotiques" es un proyecto trans nacional-sexual-lingüístico nacido desde la colaboración antropológica-artística y desde la correspondencia de imaginarios y sueños entre islas. Lugares creativos, húmedos y colectivos imaginados en el 2013 entre Valencia (España), Verona (Italia), París (Francia), Losinj (Croacia), Sicilia (Italia) haciendo alianzas y encuentros con personas que comparten la lucha y el proyecto.


***

Exposition "Archipels en lutte: les îles postexotiques"

Les îles postexotiques est un projet trans national-sexuel-linguistique, né d’une collaboration anthropologique-artistique et d’une correspondance d’imaginaires et de rêves entre des îles. Il s’agit d’archipels en lutte, de lieux créatifs, humides et collectifs qui ont été imaginés en 2013 entre Vérone (Italie), Valencia (Espagne), Paris (France), Losinj (Croacia), Sicilia (Italia) en créant des rencontres et des alliances avec qui partage la lutte et le projet. 

il sangue non ha deciso
di chi sono le isole
-o dove sono-
nè le guerre
nè la fatica per raggiungerle
e, poi, lasciarle

non dirci utopiche
le isole esistono
sospese 
sul vuoto e sul pieno
del mondo capitalista
che deve perdere.

sábado, 3 de mayo de 2014

2 maggio 2014- arcipelaghi postesotici

cordoni 

le isole non esisterebbero
se non ci fossero delle tensioni

intrecciando le strisce di stoffa
a volte è necessario aggiungere del tessuto
per allungarle

i nodi bisogna farli tutti esterni
che siano visibili
politici

tiriamo da una parte e dall’altra
per vedere se reggono
per metterci alla prova

conta che quello che ci connette
non si sciolga
conta più il mare che la terraferma
quello che c’è in mezzo

per questo le isole postesotiche
non stanno mai in pace:
perché non sono mai sole
e nasceranno ancora

pance meticcie
nere marroni rosa
militari e ghepardate

ieri da valencia è arrivata Julia
e ha cucito il primo cordone.

ci ha raccontato che secondo la cosmovisione indigena
i figli fanno parte di una comunità
la responsabilità non è solo del padre e della madre
 i bambini giocano e imparano intorno
e non hanno bisogno di ludoteche

dicko oggi ci ha detto che a dakar 
da piccoli si sta per strada 
non ci sono parcogiochi

“ in occidente per fare dei figli bisogna avere un conto in banca, una stabilità ”
“l’occidente vuole riprodursi solo per mantenere un ordine, conservare dei privilegi e potere”
“è tutta un’altra strategia, infatti, fare figli per sopravvivere, in nome di una resistenza."



mi filo, ti ago 


Le isole saranno sospese nella corte interna
del bâtiment B2 a Paris8 Saint-Denis
dal 5 al 28 maggio.