di Stéphane Lavignotte - 24 maggio 2010 - Mediapart
Le frontiere francesi si sono allontanate fino ai limiti dell’Europa, e allo stesso tempo si sono avvicinate. Passano d’ora in avanti attraverso alcuni individui, certe famiglie, che subiscono costantemente quella pressione della polizia che precedentemente si applicava alle frontiere. Le frontiere erano un luogo, e sono divenute delle persone: i “posti di frontiera” sono stati rimpiazzati dagli “amici-frontiere”. E' chiaro che continua la paura della violazione delle nostre frontiere e si continuano a costruire delle linee Maginot, tanto inefficaci quanto criminali. Ma questa paura di “feroci soldati che arrivano fino alle nostre braccia a strangolare i nostri figli e le nostre compagne” risuona ormai all’interno, come un lungo e sinistro eco. Lo sguardo sospettoso del doganiere si è moltiplicato in quello di centinaia di migliaia di poliziotti e gendarmi per le strade, le stazioni, i treni, le metropolitane. Non si è più sospetti per ciò che si fa - passare illegalmente la frontiera -, ma per un corpo, un essere.
Ieri, l’angoscia consisteva nella penetrazione di truppe straniere all'interno del territorio francese. Oggi, è la penetrazione di geni stranieri nel “corpo della nazione”. Il corpo bianco della nazione "Francia" non osa ammettere a se stesso questa nuova realtà che gli risveglia una vecchia angoscia: penetrato e inseminato, comincia a cambiare colore. Sperando di rallentare l'ineluttabile, i difensori della frontiera la spostano sino all'intimo. Gli "amici-frontiere" sono ormai sospetti per la loro tenerezza, il loro sangue, il loro sperma, le loro mestruazioni.
Le nuove figure fantasmatiche di questa contaminazione appaiono. Il ragazzo arabo simbolo dello stupro, come lo è l'uomo nero negli Stati Uniti. La famiglia clandestina e il suo sciame di bambini. La coppia mista continuamente sospetta di matrimonio bianco. L'uomo musulmano possibilmente poligamo, che nasconde delle bianche sotto un burqa. Le donne si trovano al centro del dispositivo: tutto d'un tratto delle buonanime, fino a quel momento poco impegnate nel femminismo, partono in una guerra contro il matrimonio forzato, la poligamia, il fatto di portare il velo o il burqa; il burqa, è una frontiera facile da sorvegliare!
Bisognerebbe uscire dalla logica del "corpo della nazione" per difendere quella della nazione in quanto contratto costantemente rinegoziato, convergenza di volontà, storia comune in costruzione. Ma poiché c'impongono una politica dei corpi, rispondiamo attraverso un'altra politica dei corpi che potrebbe riportarci ad una politica del contratto. Al corpo ridotto al suo aspetto biologico, opponiamo il corpo che parla, tesse delle relazioni, costruisce delle storie. E' ben più che lo spessore di una frontiera, è ormai lo spessore della vita: "viviamo un nuovo corpo sociale, le nostre vite oltrepassano (fanno a meno del) le vostre frontiere".